Tra sogno e realtà


Ti voglio raccontare un sogno che ho fatto venerdì notte”, mi disse Andrea P., rientrando a casa e sedendosi al tavolo dove mi trovavo in compagnia dei suoi genitori. Andrea ha 19 anni ed è il figlio minore dei coniugi P., che abitano a Villanova del Ghebbo (RO). “L’altra notte, appena rientrato a casa, mi sono buttato sul letto e ho preso subito sonno. Nel sogno ho sentito il bisogno di andare alla finestra e guardare fuori e con mia grande meraviglia ho potuto vedere un disco volante sopra Fratta Polesine che stava lentamente scendendo ed aveva un fascio di luce, che usciva dalla parte inferiore. Dopo pochi minuti è sparito alla vista e allora sono tornato a letto a dormire. Alla mattina ero convinto che il fatto fosse accaduto veramente tanto era nitido il ricordo”.

A questo punto del racconto arriva anche Lisa, la sorella, la quale interviene dicendo che la mattina di sabato, quindi il giorno successivo, al risveglio si era accorta di avere una goccia di sangue che usciva da un minuscolo forellino sito sul polpastrello del dito medio della mano sinistra. Non faceva male ma le causava solo fastidio. Sorpresa più che preoccupata, pensò subito potesse trattarsi di una puntura di qualche ago o di uno spillo perso in camera ma escluse tale possibilità in quanto non aveva usato né aghi né spilli in quei giorni e neppure nel periodo precedente, e le ricerche sopra e sotto le coperte confermarono la sua convinzione. Tutto finì li e prima di tornarmene a casa Andrea mi accompagnò nella sua camera e davanti alla finestra mi indicò il punto esatto dove aveva visto il disco volante.

 

Il sabato della settimana successiva, 20 aprile, mi recai a fare visita a degli amici di Fratta Polesine e mentre si parla del più e del meno rientrò la figlia della coppia e si sedette in compagnia.

Osservando il suo comportamento e le occhiate, ebbi l’impressione che la ragazza avesse qualche cosa da dirmi, ma qualche cosa che non riuscivo a comprendere glielo impediva. Poi, con un certo riserbo e vincendo il timore, mi disse che aveva bisogno di parlarmi ma che non voleva farlo davanti a tutti. Più tardi riuscimmo ad appartarci e mi disse che aveva bisogno di confidarmi uno strano sogno che aveva fatto ma non voleva raccontarlo davanti agli altri per evitare di essere presa in giro. La ragazza già sapeva che mi occupavo di ufologia e pertanto voleva anche una conferma su alcuni particolari che aveva vissuto nel sogno e che potevano inoltre trovare riscontro anche nella vita reale. Titubante e con un po’ di vergogna cominciò a raccontarmi il suo “sogno”. Mi raccontò di essersi alzata dal letto per scendere le scale che portano nello scantinato di casa e, una volta giunta nel locale, percepì qualche cosa di strano. Una strana e sconosciuta sensazione e un sibilo che proveniva dall’esterno misero in agitazione la ragazza e che ben presto si trasformò in terrore. Non riusciva più a muovere un passo e istintivamente cercò di chiamare la madre, che dormiva nella sua stanza, ma non riusciva a fare uscire le parole di bocca nonostante impegnasse tutte le sue forze. Udì dei rumori dentro il locale e la sensazione che vi fosse la presenza di qualcuno. Improvvisamente si accorse che vi erano due individui accanto a lei. Aveva l’impressione di essere avvolta da una forte quanto sconosciuta energia mentre una luce fortissima che proveniva da un enorme disco volante che stazionava all’esterno, invadeva tutto l’ambiente. I due individui vestivano una tuta grigio argento che li copriva quasi interamente e la forte luce metteva in evidenza la pelle verdastra del viso e delle mani. I due intrusi costrinsero con la forza la ragazza a sdraiarsi sul pavimento che avvertiva insolitamente gelido mentre il suo corpo era percosso da brividi di freddo. Uno dei due avvicinò un arnese all’occhio destro e senza esitare ne infilò l’estremità all’interno e mentre affondava la punta provocò alla ragazza un dolore lancinante.

Durante l’operazione tentò di liberarsi divincolandosi ma tutto risultò inutile. La ragazza riuscì a vedere bene l’attrezzo mentre lo avvicinavano all’occhio e lo descrisse come una specie di mitraglietta con una canna molto lunga e sottile e con all’estremità una specie di pallina. Quando finì il racconto non riusciva a nascondere l’emozione e con un sorriso forzato mi chiese che cosa ne pensavo. Gli risposi che era stato un sogno sicuramente particolare e che aveva dei risvolti che si rispecchiano, per certi versi, nei fatti della vita reale ma che doveva stare tranquilla perché fino a prova contraria era e rimaneva solo un sogno.

Poi gli chiesi quando aveva fatto questo sogno. Mi diede una risposta, che mi lasciò perplesso e sinceramente senza parole. Aveva fatto questo sogno la notte che andava dal venerdì al sabato precedente, ossia il 13 di aprile, la stessa notte che il ragazzo di Villanova del Ghebbo aveva visto nel suo “sogno” il disco volante scendere su Fratta Polesine.

N. è una ragazza semplice e piuttosto fragile, non si è mai interessata di ufologia, non guarda film del genere e dimostra molti meno anni di quelli che effettivamente ha. Non conosce Andrea o qualche altro membro della sua famiglia e le loro abitazioni distano in linea d’aria circa tre chilometri una dall’altra.

Che possa essersi trattato solo di una combinazione? Che siano stati veramente solo dei sogni? Può essere. Certo che alcuni particolari fanno riflettere.

Qualche tempo dopo la ragazza mi confessò che provava ancora un po’ di paura quando passava nello scantinato e che comunque l’occhio destro continuava a dargli fastidio e a lacrimare.

Dino Colognesi.