Bombe atomiche nella valle dell'Indo
di Marcello Soave
29 Luglio 2006

La civiltà della valle dell'Indo (c. 3300-1300 a.C., fiorita nel 2600-1900 a.C.) fu una civiltà antica, estesa geograficamente soprattutto lungo il fiume Indo nel subcontinente indiano. Nel mondo anglosassone viene citata come "civiltà dell'Indo-Sarasvati", in riferimento alla civiltà descritta nei Veda e che si sarebbe sviluppata lungo il fiume chiamato Sarasvati, di ignota localizzazione. È anche conosciuta come "civiltà di Harappa", dal primo sito conosciuto.

 

 

La civiltà della valle dell'Indo si colloca tra le più antiche civiltà del mondo, insieme a quelle della Mesopotamia e dell'antico Egitto, caratterizzate dallo sviluppo dell'agricoltura, dalla formazione di vere e proprie città e dall'inizio della scrittura. Lo sviluppo urbano è più precoce in Egitto e Mesopotamia, ma la civiltà dell'Indo conobbe una maggiore estensione geografica (attuale Pakistan e India occidentale).
Dei 1052 siti finora individuati, più di 140 si collocano sulle rive di un corso d'acqua stagionale (Ghaggar-Hakra: secondo alcune ipotesi questo sistema idrografico, un tempo permanente e forse identificabile con il fiume Sarasvati del Rig Veda, irrigava la principale zona di produzione agricola di questa cultura.
La maggior parte degli altri siti si trova lungo la valle dell'Indo o in quelle dei suoi affluenti, ma la diffusione arrivò verso ovest fino alla frontiera con l'Iran, a est fino a Delhi, a sud fino al Maharashtra e a nord fino all'Himalaya. Al suo apogeo la popolazione raggiunse probabilmente i cinque milioni di abitanti.
Le città più importanti finora conosciute sono:

    • Harappa (provincia del Punjab in Pakistan, sul fiume Ravi):
    • Mohenjo-daro (provincia di Sindh in Pakistan);
    • Dholavira (isola di Khadir Beit nello stato di Gujarat in India);
    • Lothal (sulla costa del golfo di Cambay, ancora nello stato di Gujarat in India);
    • Rakhigarhi (stato di Haryana in India)
    • Ganweriwala (provincia del Punjab in Pakistan, presso i confini con l'India);
    • Daimabad (stato di Maharashtra, presso Bombay, in India, ma di pertinenza discussa);
    • Chanudarho (provincia di Sindh, in Pakistan);
    • Sutkagen Dor (provincia del Baluchistan in Pakistan, vicino alla frontiera con l'Iran, è il sito più occidentale conosciuto).

    Il sito di Mohenjo-daro è stato scoperto nel 1872-73 da Alexander Cunningham, ufficiale britannico e archeologo.
    Nel 1920 la civiltà della valle dell'Indo fu riscoperta grazie ai primi scavi estesi sui siti di Harappa dall’archeologo indiano Rai Bahadur Daya Ram Sahni. Tra il 1922 e il 1927, degli scavi in grande scala vi sono stati avviati da Rakhal Dâs Banerjî e sono stati portati avanti da Madho Sarup Vats e Kashinath Narayan Dikshit sotto la direzione di John Marshall. Ernest MacKay ha effettuato altri scavi dal 1927 al 1931. Mortimer Wheeler portò a termine questi lavori nel 1950 con scavi di minore portata.
    I lavori condotti sul sito hanno consentito di liberare un centinaio di ettari di rovine della città, dieci volte di più di ciò che era stato scoperto negli anni venti, ma probabilmente solo un terzo della superficie totale da studiare. Con Mohenjo-daro per la prima volta sono state portate alla luce vestigia della civiltà della valle dell'Indo di cui fino ad allora si ignorava l'esistenza.
    La sua scrittura non è ancora stata decifrata e si ignorano quindi le caratteristiche del linguaggio.
    I testi sumeri si riferiscono ripetutamente a un popolo con cui si ebbero attivi scambi commerciali, chiamato Meluhha, che potrebbe essere identificato con la civiltà della valle dell'Indo, forse con il nome dato dai suoi stessi abitanti. Il termine è forse riferibile al dravidico Met-akam, con il significato di "terre alte", e potrebbe inoltre aver dato origine al termine sanscrito Mleccha, di origine non indoeuropea, con il significato di "barbaro, straniero".
    In mancanza di testi scritti le credenze di questa civiltà possono essere ipotizzate solo sulla base delle rappresentazioni sui sigilli (con divinità o scene di cerimonie) o delle figurine di terracotta, forse utilizzatate anche per scopi rituali.
    In base alla grande quantità di figurine rappresentanti la fertilità femminile che ci ha lasciato, sembra che vi fosse venerata una "dea madre", analoga alla dea “Ishtar” sumera.

    Schema cronologico delle civilizzazioni nella valle dell'Indo

    • Produzione del cibo (6500-5000 a.C.) (Mehrgarh).
    • Epoca della regionalizzazione (5000-2600 a.C.) (civiltà Harappa antica).
    • Civiltà della valle dell'Indo - cultura Harappa (2600-1900 a.C.) (civiltà della valle dell'Indo o civiltà Harappa classica)
    • Periodo tardo Harappa (1900-1300/1000 a.C.)
    • Cultura della ceramica dipinta grigia (1200-800 a.C.)
    • Cultura della ceramica lucidata nera settentrionale (700-300 a.C.)
    • Periodo storico (dal 600 a.C. circa)

     

    Pianta degli scavi della Civiltà dell’Indo:

    Mohenjo-daro non è stata costruita per giust’apposizione di edifici innalzati nel corso del tempo ma, come le altre città della civiltà dell'Indo, Harappa, Kalibangan o Lothal, rivela una urbanizzazione studiata e pianificata nel tracciato delle strade, che formano una griglia in cui almeno un viale largo 10 metri divideva la città bassa in due zone. In effetti esiste, come negli altri siti dell'Indo, una divisione della città in due parti denominate tradizionalmente la cittadella o città alta e la città bassa. Le costruzioni sono fatte di legno indurito col fuoco, di mattoni seccati al sole, comuni in Mesopotamia o cotti al forno, una caratteristica dell'Indo che assicurava una maggiore longevità agli edifici. Questi ultimi seguivano le regole dimensionali standardizzate nella civiltà dell'Indo, con la larghezza doppia dell'altezza, la lunghezza doppia della larghezza. La popolazione di Mohenjo-daro è stimata in circa 40.000 persone. Gli scavi hanno rivelato, oltre al fatto che le case di abitazione erano spesso munite di una sala da bagno, un sistema di drenaggio delle acque sporche, comfort probabilmente inventato da questa civltà, così come i granai.
    La cittadella possiede un Grande bagno, l'antenato dei serbatoi che si ritrovano in tutta l'India e nello Sri Lanka, di 14 m di lunghezza e 9 m di larghezza, con una profondità di 2,40 m. Questo serbatoio è circondato da piccole lastre una delle quale protegge un pozzo. La cittadella è dotata anche di enormi granai di m 50 x 20, una grande struttura residenziale. La scoperta forse più inattesa è quella di un edificio con un ipocausto, probabilmente per riscaldare l'acqua del bagno. Ad est della città alta, si trova la città bassa, molto estesa, in cui si trova lo schema a griglia delle strade. Queste sono dritte, affiancate dai sistemi di scolo. Le strade formano dei blocchi di edifici di 390 x 260 m.

    Ecco una foto e una pianta del sito di Moenjo-daro:

     

    Fin qui l’archeologia ufficiale: ma perché la gente di queste città le abbandonarono, intorno al 2000 a.C.? Forse per l’impoverimento del suolo o addirittura a causa della deviazione del fiume Indo, oppure per lo schianto di un meteorite? L’ipotesi della strage nucleare, invece, nasce dopo il ritrovamento di 24 scheletri che, analizzati alla fine degli Anni ’70, si sono rivelati fortemente radioattivi (50 volte la normale emissione). Il fisico nucleare Surendra Gadekar, del partito degli scettici, non si stupisce e spiega il fatto dicendo che in India si sono  verificati negli ultimi anni degli esperimenti nucleari che hanno contaminato moltissime regioni. Il primo test nucleare fu condotto il 18 maggio 1978 proprio a Pokhran, nella regione del Rajasthan, la stessa di Mohenjo-daro. L’esplosione provocò un cratere di circa 60 metri di diametro e profondo 10. La forza esplosiva di circa 5 kilotoni, pari a quella di 5000 tonnellate di tritolo, ha impregnato la zona con una radioattività che durerà per almeno 24.000 anni. C’è da dire, però, che se esistesse una radiazione di fondo abbastanza forte, tutti quelli che vi risiedono sarebbero morti da un pezzo di cancro. D’altra parte il poema epico della tradizione induista, il Mahabharata (100.000 versi), recita: “Improvvisamente si levò un grande vento che fece tremare le montagne, e si vide una fiamma di fuoco che navigava nell’aria. Scorgemmo nel cielo una cosa che sembrava una nube luminosa, come delle fiamme di un fuoco ardente”. Chi o che cosa annientò tutti gli abitanti di Mohenjo-daro? Alcuni studiosi non hanno dubbi: dato che gli scheletri sono rimasti molto radioattivi, quelle persone furono uccise da un’arma nucleare.

     

    Il Bhagavad-Gita, un libro del Mahabharata, recita: “Se la luce di mille Soli potesse splendere di colpo nel cielo sarebbe come lo splendore del Grande … Io sono diventato la Morte, la distruttrice dei Mondi”. E questa è proprio la descrizione di un fungo nucleare!
    Naturalmente gli ufologi spiegano la cosa con l’intervento extraterrestre di UFOs. David Davenport, un giovane sanscritista inglese, ha scritto un libro, intitolato “2000 a.C.: distruzione atomica” (Ed. Sugarco) per dimostrare che Mohenjo-daro era stata teatro di una battaglia aerea tra opposte forze extraterrestri. Nel libro Davenport fa notare che all’interno della città esiste una striscia, di diverse decine di metri, formata da mattoni esposti ad una forte radiazione calorifica (più di 900° Celsius per pochi secondi, come hanno stabilito le analisi fatte, a suo tempo, dall’Università di Roma). Inoltre i ritrovamenti consistono in quasi solo scheletri di animali e pochissimi resti umani, tutti raggruppati in un solo sito e soprattutto scaraventati, più che accasciati al suolo, come se fossero stati colpiti da una forte onda d’urto.
    Davenport conclude che il termine della battaglia tra navette aliene avvenne con lo sgancio di una piccola bomba atomica, del tipo “da teatro”. Zecharia Sitchin, uno studioso delle tavolette cuneiformi sumere, riporta che proprio nel 2024 a.C. i Grandi Annunaki (gli alieni come sono chiamati nei testi sumerici) approvarono l’impiego delle armi nucleari (della fazione di Enlil contro quella di Marduk, cioè quella di Enki). Sitchin nel suo libro “Le guerre atomiche al tempo degli dei” (a pag. 247) riporta: “Particolarmente interessante è un lungo testo che gli studiosi hanno intitolato Enmerkar e il Signore di Aratta, e che si svolge sullo sfondo dell’ascesa al potere di Uruk (la biblica Erech) e di Inanna.
    Il testo parla di Aratta (cioè Harappa n.d.r.) come della capitale di una terra situata al di là della regione sud-orientale dell’Iran. E’ proprio là che si trova la valle dell’Indo, e studiosi come J. Van Dijk (Orientalia 39, 1970) hanno dedotto che Aratta era una città situata sull’altopiano dell’Iran o lungo la valle dell’Indo. … Dagli antichi testi sappiamo che inizialmente tutto ciò che Enmerkar (sovrano di Erech nel 2900 a.C. n.d.r.) chiedeva ad Aratta era che essa contribuisse con pietre preziose, bronzo, piombo, lastre di lapislazzuli alla realizzazione del tempio di Eanna (“Casa di Anu”) e che fornisse oro e argento per abbellire il Monte Sacro costruito per Inanna. … Attratta dalla prospettiva di risiedere in un grandioso tempio nella città di Anu, a Sumer, essa finì per diventare una sorta di divinità “pendolare”: “lavorava”, per così dire, nella lontana Aratta, ma risiedeva nella metropolitana Erech. Per andare da un luogo all’altro essa utilizzava la sua “Barca del Cielo”. Esistono vari reperti che la rappresentano come un’astronauta e sembra pilotasse personalmente il suo velivolo, sebbene anche a lei, come a tutte le divinità, fosse stato assegnato un pilota-navigatore (Nungal n.d.r.) per i voli più difficili. … Fu in quei giorni che Inanna venne incorporata nel pantheon dei Dodici: le venne assegnato il pianeta Venere (MUL DILBAT in sumerico), prima di Ninharsag, come controparte celeste e la costellazione AB.SIN (Vergine) come casa zodiacale. … Alcuni inni sancivano questa sua nuova condizione tra gli dèi e i suoi attributi celesti:

                    A colei che viene dal cielo,
     A colei che viene dal cielo,
    “Salute a te!” noi diciamo …
    Maestà, grandezza, affidabilità [sono con lei]
    Mentre essa avanza radiosa nella sera,
    come una sacra fiaccola che riempie i cieli;
    Il suo posto nel cielo è come la Luna e il Sole …
    Nel Cielo essa se ne sta ben salda, la “mucca selvatica” di Anu …
    Ecc.”
                   

    Questo, tra l’altro, chiarisce l’origine della predilezione indiana per le donne e le vacche sacre. Ad Inanna erano quindi assegnate la città di Uruk in Sumer e la Terza Regione (cioè la civiltà dell’Indo). Inanna, conosciuta in Sumer come Ishtar, era una aliena di Nibiru che aveva fatto fortuna sulla Terra, forte della sua posizione di amante del sovrano di Nibiru, Anu. Però nel 2024 a.C. (gli alieni altolocati vivevano migliaia di anni grazie al Pane della Vita) si trovò schierata dalla parte sbagliata e così tutta l’area di Sumer, in Palestina il porto spaziale e le ribelli città cananee Sodoma e Gomorra e nella valle dell’Indo Harappa e Mohenjo-daro vennero distrutte con bombe atomiche di Nergal e Ninurta (vedi l’articolo Cronologia della Terra).

 
 

 


 
 

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