La moria delle api e
lo spiaggiamento dei delfini: è il cambio di frequenza del 2012?
di Marcello Soave 02/04/2009
Negli ultimi anni si è diffuso un fenomeno grave
per specie di animali, anche utili all’uomo (come api e delfini).
Per le api, il 2007 è stato un anno terribile.
Morie massicce si sono infatti registrate in tutto il mondo. La punta massima si
è raggiunta in alcune aree degli Stati Uniti, dove è scomparso il 90% delle api.
Ma il fenomeno non ha risparmiato l'Italia: nel nostro settentrione si sono
svuotati la metà degli alveari. Le cause sono ancora sconosciute. E la strage
potrebbe continuare. Ora, quindi, anche le api sarebbero a rischio estinzione.
L’ allarme è stato lanciato dall’Apat e sottoscritto da Francesco Panella,
presidente dell’Unione Apicoltori, il quale sostiene che la colpa risiede nei
cambiamenti climatici ma anche nell’inasprimento delle infezioni da virus e
dall’inquinamento da fitofarmaci.
In Italia ci sono circa 50 mila apicoltori e 100
mila alveari, vengono prodotti oltre 10 mila tonnellate di miele all’anno. Ma il
danno (circa 250 milioni di euro) non riguarda solo il mercato del miele e dei
suoi sottoprodotti, infatti le api sono fondamentali nella produzione di pere,
mandorle, agrumi, pesche, kiwi, ciliegie, cocomeri, zucchine, pomodori, soia,
colza. Le api inoltre rappresentano un bioindicatore molto importante, infatti
queste muoiono a causa di qualsiasi cambiamento importante che si registri
all’interno del nostro ecosistema. Solo nel 2007 il nostro paese ha perso
duecentomila alveari.
Il
Disturbo da collasso dell'alveare o
Sindrome dello spopolamento degli
alveari (SSA, in inglese CCD, ovvero
Colony Collapse Disorder) è
un fenomeno ancora poco conosciuto per il quale le famiglie di api (Apis
mellifera) periscono bruscamente.
Dal 1976 al 2006 si è verificata una drastica
riduzione del numero delle api selvatiche negli Stati Uniti (ormai quasi
estinte) ed un significativo, sebbene graduale, declino nel numero delle
famiglie allevate dagli apicoltori. Questo declino comprende il cumulo delle
perdite dovute a tutti i fattori come l'urbanizzazione, l'uso dei pesticidi,
l'Acariosi e
Anche i cetacei (delfini e balene) hanno dei
problemi in questo periodo: lo
spiaggiamento. Sino a pochi anni or sono, in pratica tutto ciò che sapevamo
dei delfini aveva a fondamento le analisi compiute sugli esemplari morti in mare
e trascinati a riva dalle correnti oppure arenatisi ancora vivi in una lenta
agonia. Simili incidenti diventano clamorosi quando lo spiaggiamento coinvolge
simultaneamente un gran numero di animali, come spesso avviene tra i globicefali
neri e le pseudorche.
Sino agli anni Sessanta l'avvistamento di un
delfino dalla testa a melone era considerato un evento eccezionale, ma da allora
si sono moltiplicati gli episodi di incagliamenti in massa. Scartata come
improbabile l'ipotesi di una precedente sottostima, non resta che appellarsi
all'incremento demografico. In certi casi, l'aumento del numero degli
spiaggiamenti sembra potersi ricollegare all'abbondanza in quella zona di specie
ittiche prelibate. Per esempio, il recente aumento di globicefali neri arenatisi
nell'Inghilterra sud-occidentale, soprattutto nel periodo autunno-inverno (una
media di meno di uno all'anno tra il 1913 e il 1947; due all'anno tra il 1948 e
il 1962; più di cinque all'anno tra il 1963 e il 1978) trova riscontro in un
maggior numero di segnalazioni di animali vivi e di grosse concentrazioni di
sgombri in quelle acque. Poiché però molti da quelle parti restano impigliati
nelle reti da pesca, anche la mortalità può aver subito un'impennata. L'arrivo a
terra del corpo di un delfino morto dipende dalla presenza e direzione di venti
e correnti e dalla conformazione della linea costiera, per cui se la specie in
generale frequenta acque non litoranee è possibile che i cadaveri affondino e
non vengano recuperati. Tuttavia, la causa degli spiaggiamenti di animali vivi
rimane inspiegata.
Sono ancora in corso gli studi sul perché i
Cetacei arrivino spontaneamente al suicidio spiaggiandosi.
La prima ipotesi sarebbe quella di
errori nelle lettura del campo
magnetico terrestre: in poche parole si tratta di errori nella
navigazione poiché spesso, gli spiaggiamenti, sono concentrati in zone in cui le
linee del campo intersecano perpendicolarmente la costa o dove proprietà
magnetiche generano anomalie che li portano alla perdita dell’orientamento.
Infatti i delfini possiederebbero un
sesto senso: quello magnetico con cui sarebbero in grado di leggere il
campo terrestre e navigare in base ad esso. Una lettura sbagliata sarebbe la
causa dei numerosi spiaggiamenti. Tutt'oggi il numero degli spiaggiamenti è in
continuo aumento, tanto che l'anno 2002 è stato definito l'anno nero per il
susseguirsi continuo di questi episodi. Il motivo di tale numeri sarebbe i
crescente numero di sottomarini che con i loro sonar farebbero
perdere l'orientamento a questi
animali. Talvolta gli sforzi dei soccorritori si rivelano inutili, in quanto una
volta riportati al largo questi mammiferi tornano immediatamente ad arenarsi,
come se fossero determinati ad uccidersi.
Oltre a questi sembra che si spiaggino anche
tartarughe marine e squali. Una caratteristica degli squali è la
elettroricezione. Una delle ultime caratteristiche dello squalo che si è
scoperta è la sua sensibilità ai campi magnetici ed elettrici grazie ad alcuni
recettori che si trovano collegati ai pori del muso. Il vero organo capace di
questa caratteristica è il complesso formato dalle ampolle di Lorenzini. Il
funzionamento è molto simile a quello del labirinto presente nell'orecchio
umano, in quanto alcune ciglia immerse in un gel vengono sollecitate da questa
variazione di campo grazie all'azione di una pompa protonica e quindi
suscettibili ad un gradiente elettrochimico. Da alcuni esperimenti fatti in mare
aperto si è visto che lo squalo utilizza tutti i sensi ma ne attiva solo alcuni
a distanze più prossime alla preda. Infatti se da lontano prevale l'odore,
magari del sangue di una ferita, e logicamente la vista, da vicino se l'acqua si
fa torbida e deve procedere alla cieca fa proprio affidamento a questo sistema
che gli permette di serrare la mascella a colpo sicuro. Le ampolle di Lorenzini
sono l'organo elettrorecettore dello squalo e variano in numero da individuo ad
individuo, da un paio di centinaia a qualche migliaio. Gli squali le usano per
riconoscere i campi elettrici che ogni essere vivente produce. Questa percezione
aiuta l'animale a trovare le prede (in modo particolare ciò accade per lo squalo
martello). Tra tutti gli animali conosciuti, gli squali sono quelli con la più
precisa percezione elettrica. L'identificazione delle prede diventa utile quando
esse si nascondono sotto la sabbia del fondale marino. Anche in quei momenti
esse producono infatti inavvertitamente dei campi elettrici. È a causa di questo
senso se a volte gli squali attaccano per sbaglio delle barche: il potenziale
elettrochimico che l'interazione tra il metallo e l'acqua salata genera
assomiglia ai deboli campi generati dalle prede, in più essendo spesso più
potente di questi ultimi riesce ad attirare squali che si trovano molto lontano.
Un altro utilizzo dell'elettroricezione è a scopi di orientamento: le correnti
oceaniche dovute al campo magnetico terrestre producono anch'esse campo
elettrico e sono usate dagli squali per migliorare la navigazione.
La mia teoria personale è che questi accadimenti
mostrino un’alterazione del campo elettromagnetico terrestre, alterazione che
coinciderebbe col cambiamento di frequenza di cui parlano i New Age (passaggio
dalla terza alla quarta dimensione per “promozione” della popolazione terrestre
sotto l’aspetto spirituale, sembra nel 2012).
Riferimenti:
http://www.apat.gov.it/site/it-IT/Rubriche/Eventi/2008/Gennaio/documenti_alveari.html
http://www.mieliditalia.it/n_avvelena_api.htm
http://blog.legginotizie.com/natura/spiaggiamento-200-balene-e-7-delfini/
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2003/11_Novembre/29/balene.shtml