Le sfere fiammeggianti di Ammiano Marcellino


di Antonio Marcianò

 

 

Ammiano Marcellino (Antiochia 330 d. C. ca. – Roma 400 d.C.) è uno storico latino nato in Siria e probabilmente legato alla classe dirigente municipale. Educato dunque nell’area di cultura greca dell’Impero romano, militò nell’esercito come alto ufficiale sotto Costanzo e Giuliano. Ritiratosi a vita privata nello stesso anno in cui l’imperatore Giuliano morì presso Ctesifonte nel corso di una scaramuccia contro i Parti, si stabilì nell’Urbe nel 380 dove rimase sino alla morte, dedicandosi alla stesura della sua fatica storiografica. La sua opera, Rerum gestarum libri XXXI, concepita come la prosecuzione delle Historiae di Tacito, narra gli accadimenti dalla morte di Domiziano (96 d.C.) a quella di Valente (378 d.C.). Ci sono pervenuti solo gli ultimi 18 libri che coprono l’arco temporale dal 353 al 378. [1]

 

L’autore, nel capitolo I del libro XXIII, ricorda come, durante il principato di Giuliano (361-363 d.C.) si permise agli Ebrei di ricostruire il Tempio di Gerusalemme che era stato incendiato nel 70 d.C. dalle legioni guidate da Tito. I lavori per l’edificazione del tempio, più volte intrapresi, furono ostacolati dalla comparsa di sfere di fuoco.

 

Leggiamo il passo tratto dall’opera di Ammiano per poi riflettere sulla possibile natura dell’evento. In nota riporto il testo latino che è stato tradotto da chi scrive. [2]

 

In quell’anno (il 363 d.C. n.d.t.) … sebbene Giuliano, considerando con attenzione differenti questioni, si occupasse con notevole zelo dei preparativi della spedizione (contro i Parti n.d.t.), tuttavia affidando la gloria sua e dell’impero alla realizzazione di grandi imprese, progettava di ricostruire il Tempio di Gerusalemme. L’edificio era stato un tempo magnifico e, dopo numerose e cruente battaglie, era stato assediato da Vespasiano ed espugnato da Tito. Giuliano pensava dunque di riedificarlo con ingenti spese, affidando il compito ad Alipio di Antiochia, che era stato suo sotto governatore in Britannia.

 

Perciò, mentre Alipio si adoperava nella costruzione, con l’ausilio del governatore della provincia, dei globi di fuoco quasi erompendo dalle fondamenta, con frequenti assalti, impedirono agli operai, molti dei quali furono ustionati, di accedere al luogo ed in questo modo, a causa delle fiamme che tenevano lontano gli operai, il lavoro cominciato fu interrotto.

 

La testimonianza dello storico si inquadra nel tòpos dei prodigi che preannunziavano eventi cruciali e tragici: si pensi alla guerra civile tra Cesare e Pompeo di cui, secondo vari autori, tra i quali Virgilio e Lucano, furono forieri infausti auspici. Tuttavia solo un atteggiamento iperrazionalista spiega l’incredulità nei confronti delle cronache redatte dagli antichi, notoriamente attenti ai segni che annunciavano o accompagnavano avvenimenti drammatici. Quindi, anche nel caso di Ammiano, le sfere di fuoco da lui descritte, sono uno dei vari portenti che precedono la tragica spedizione di Giuliano contro i Parti. Presso Ctesifonte, infatti, il principe, di cui lo storiografo latino era estimatore, trovò la morte. Tramontò anche il sogno di una restaurazione del paganesimo in cui i Gentili confidavano, grazie alla politica di Giuliano. Ammiano ricorda altri sinistri presagi: il funzionario Felice, al seguito dell’imperatore, perì all’improvviso con effusione di sangue; il primo di gennaio del 363 un sacerdote del tempio del Genio cadde esanime, mentre saliva i gradini del santuario. Inoltre a Costantinopoli fu avvertito un terremoto, mentre, consultati a Roma i libri sibillini, si apprese che l’oracolo sconsigliava all’imperatore di allontanarsi dai suoi sentieri.

 

Nell’ambito di questo breve studio, vorrei comunque concentrami sui globi ignei che impedirono ai Romani di profanare il luogo sacro a YHWH. [3]In un suo articolo Alessia Serafin, accosta, a mio parere correttamente, i globi citati dallo scrittore di Antiochia alle sfere di luce o balls of lights, avvistate nei campi in cui compaiono i pittogrammi. [4]  

 

Un’analisi del breve nucleo narrativo-descrittivo permette di scoprire qualcosa di più sui globi. Il sintagma “globi flammarum” è trasparente nel suo significato: l’espressione rende visibili le sfere di fuoco di cui si può immaginare il colore rosso-arancio. L’espressione “prope fundamenta erumpentes” è molto icastica: il verbo “erumpere”, infatti, connota l’ improvvisa comparsa delle balls of light. L’espressione “crebris adsultibus” quasi anima gli oggetti fiammei, poiché significa “con frequenti assalti”: è come se le sfere schizzino, guidate da una volontà, contro gli operai intenti a cominciare i lavori di sterro. Alcuni lavoratori – ricorda Ammiano – furono bruciati (exustis) dalle sfere sicché l’impresa fu abbandonata.

 

Difficile pensare che i fenomeni raffigurati dallo storico possano essere interpretati come fuochi fatui [5]: semmai i globi ricordano, come si accennava, le sfere scorte nei campi coltivati a cereali e considerate le creatrici dei misteriosi glifi noti come crop circles. Teoricamente Ammiano Marcellino potrebbe aver tratteggiato dei fulmini globulari. [6]Una lettura attenta, però, dell’excerptum evoca la rappresentazione di qualcosa di vivo: sembra quasi che le sfere scintillanti siano delle entità di luce a custodia del luogo sacro da cui tenere lontani gli stranieri. Il discorso potrebbe, a questo punto, essere esteso alle eventuali correlazioni tra Ebrei ed esseri extraterrestri o interdimensionali, ma è un tema che vari ricercatori hanno già affrontato da varie angolazioni. Ho inoltre trattato questo argomento in un’indagine, Alla ricerca del sigillo reale alla quale perciò rimando. [7]

 

Resta comunque questo brano inquietante e corrusco dello storico come testimonianza di fenomeni fortiani al cui cospetto, a distanza di tanti secoli, dobbiamo ammettere di sapere ancora poco al punto che possiamo formulare solo delle ipotesi.


 

[1] Su Ammiano Marcellino vedi Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2000 s.v. inerente 

[2]  Eo anno … licet accidentium varietatem sollicita mente praecipiens multiplicatos expeditionis apparatus flagranti studio perurgeret, diligentiam tamen ubique dividens imperiique sui memoriam magnitudine operum gestiens propagare, ambitiosum quondam apud Hierosolymam templum, quod post multa et interneciva certamina obsidente Vespasiano posteaque Tito aegre est expugnatum, instaurare sumptibus cogitabat inmodicis, negotiumque maturandum Alypio dederat Antiochensi, qui olim Britannias curaverat pro praefectis.

 

Cum itaque rei idem fortiter instaret Alypius iuvaretque provinciae rector, metuendi globi flammarum prope fundamenta crebris adsultibus erumpentes fecere locum exustis aliquotiens operantibus inaccessum, hocque modo elemento destinatius repellente cessavit inceptum.

 

[3] Da questo studio esula un’indagine sul tempio di Gerusalemme, la città fondata dai Gebusei e scelta da David come capitale del Regno ebraico nel X secolo a. C. Considerata da alcuni autori uno spazioporto usato dai Sumeri o addirittura un portale interdimensionale, la città è ancora oggi al centro di molti interessi contrapposti. Vedi A. Alford, Il mistero della genesi delle antiche civiltà, Roma, 2000, 2004, passim. Sull’antica città della Giudea, cfr Enciclopedia… op. cit., s.v. inerente.

[4] A. Serafin, Cerchi nel grano e sfere di luce, 2007

[5] I fuochi fatui sono fiammelle di solito di colore azzurro. Si manifestano in prossimità del terreno nei cimiteri, nelle zone palustri, nelle brughiere. Si ritiene che siano causati dalla combustione del metano e della fosfina in seguito alla decomposizione di resti organici. Alcuni testimoni affermano che i fuochi fatui sono freddi: ciò escluderebbe che essi siano dovuti alla combustione di gas.

[6] Circa i fulmini globulari, vedi A. Marcianò, Qual è la relazione che intercorre tra U.F.O. e scie chimiche?, 2006

[7] Vedi R. Pinotti, Angeli, dei, astronavi extraterrestri nel passato, Milano, 1991, 1993, 1996 e 1999 con la bibliografia ivi indicata; A. Marcianò, Alla ricerca del sigillo reale, 2007