L’UFO CRASH DI KINGMAN
(Giacomo Casale)
Il primo riferimento ad un UFO crash avvenuto a Kingman, Arizona nel 1953, venne fatto, nell’aprile del 1964, da Richard Hall, un noto ricercatore UFO del MUFON (Mutual UFO Network, nota associazione ufologica statunitense – n.d.a.). Egli apprese la storia da un militare che avrebbe in seguito prestato servizio in Vietnam come marine.
Richard Hall Raymond Fowler
Il caso venne portato all’attenzione del pubblico, nel giugno del 1973, da Raymond Fowler, uno stimato inquirente UFO. Sul sito dell’incidente era presente un ingegnere, il quale aveva il compito di effettuare studi preliminari sul disco precipitato, per probabili fini di retroingegneria.
L’ingegnere in questione era Arthur G. Stancil (precedentemente conosciuto con lo pseudonimo di “Fritz Werner”). Dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria meccanica presso l’Università dell’Ohio, Stancil ottenne un impiego presso l’ Ufficio Studi Speciali dell’ Air Materiel Command della base militare di Wright Patterson. Le sue specializzazioni comprendevano la progettazione tecnica dei motori sperimentali dell’Air Force e la ricerca e lo sviluppo di tecniche per determinare gli effetti degli spostamenti d’aria su edifici e strutture. Il capo dell’ufficio studi speciali presso cui Stancil lavorava era il dott. Eric Wang, il quale, secondo diverse fonti, coordinava anche un team impegnato in studi di retroingegneria su una navetta aliena.
Stancil sottoscrisse una dichiarazione giurata su quanto da lui riferito, che fu pubblicata da Ray Fowler sulla rivista UFO Magazine, nell’aprile del 1976.
Ma veniamo ai fatti. Il 21 maggio 1953 Stancil (che in quel periodo partecipava all’operazione Upshot-Knothole, sulla sperimentazione atomica) venne convocato dal suo capo per un incarico speciale presso la base militare di Indian Springs, dove si sarebbe unito ad altri 15 specialisti. Fu quindi trasportato da un aereo militare fino a Phoenix, ove, assieme al resto della squadra, lo attendeva un autobus con i finestrini oscurati che lo trasportò a destinazione, dopo un viaggio della durata approssimativa di quattro ore. Quando il team giunse presso il sito, verosimilmente a sud-est di Kingman, un borioso colonnello dell’Air force provvide a ragguagliare i presenti sulla loro missione, spiegando che essi avrebbero dovuto investigare su un veicolo super segreto che era precipitato.
Fu raccomandato inoltre a Stancil ed ai suoi compagni di non far parola con nessuno di quanto avrebbero visto. Il compito di Stancil era di determinare la velocità del veicolo al momento dell’impatto sulla sabbia.
Stancil venne scortato al sito del crash dalla polizia militare. Due riflettori lenticolari erano puntati sull’oggetto in avaria che appariva circondato da guardie. Le luci erano così intense che non era possibile distinguere l’area circostante. L’oggetto, di apparenza ovale, assomigliava a due larghi dischi rovesciati l’uno sull’altro. Il diametro era di circa nove metri, con superfici convesse sia in alto che in basso. Parte del disco era sprofondata nel terreno. Era costruito con un metallo argenteo opaco, simile ad alluminio limato. Il metallo era più scuro ove le “labbra” del disco formavano un orlo, intorno al quale c’erano cose simili ad impronte.
Un portello ricurvo aperto era situato all’estremità in primo piano ed era abbassato in verticale. C’era una luce che proveniva dall’interno, ma poteva essere stata installata dall’Air Force. Stancil aveva l’incarico particolare di determinare, dall’angolatura e dalla profondità dell’impatto nella sabbia, i limiti di velocità del veicolo in avanti ed in verticale al momento dell’impatto. L’urto aveva fatto sprofondare l’oggetto nella sabbia di circa mezzo metro. Non esistevano carrelli per l’atterraggio. Non vi erano nemmeno altri segni o dentellature sulla superficie, né scalfitture o screpolature. E non fu data alcuna risposta a problemi che esulavano dalle rispettive aeree di specializzazione dei tecnici.
Ricostruzione grafica dell’UFO crash di Kingman
Un agente militare armato era a guardia di una tenda piantata nei pressi del disco.
Stancil cercò di guardare all’interno, e ad un certo punto vide il cadavere di una creatura quasi umana, alta circa un metro e venti, in una tuta argenteo-metallica.
La pelle del volto appariva marrone scuro (Stancil pensò che la cosa potesse essersi prodotta per esposizione alla nostra atmosfera). Il volto dell’essere non era coperto, ma sulla testa indossava una specie di copricapo metallico.
controversa foto di un alieno di tipo grigio
Non appena uno specialista terminava il suo lavoro veniva intervistato con un registratore a nastro e accompagnato al bus. Mentre stava tornando al mezzo di trasporto, Stancil cercò di parlare con un tizio che stava tornando nello stesso momento. Questi disse che era riuscito a dare un’occhiata all’interno del disco ed aveva visto due sedili girevoli, oltre ad una serie di strumenti ed oggetti in rilievo.
Un militare si accorse che i due stavano parlando e li divise immediatamente, avvertendoli di non discutere più tra loro.
Quando tutti furono risaliti sull’autobus, il colonnello dell’Air Force incaricato della missione fece giurare solennemente ai presenti di non rivelare mai quanto avevano visto e vissuto.
Stancil non rivide mai più i suoi compagni di viaggio, anche se credette di averne riconosciuto un paio: uno di essi era di stanza presso la base aerea Griffith di Rome (New York), mentre l’altro era interessato ad un lavoro di ricerca su armi speciali dell’Air Force con base ad Albuquerque, New Messico. Più tardi, Stancil vide e riconobbe il colonnello dell’Air Force in un film sul progetto Blue Book.
Stancil confidò inoltre a Fowler che un anno dopo la sua esperienza fu assegnato come collaboratore al progetto Blue Book, in qualità di addetto alla consulenza. Disse di aver simpatizzato con l’atteggiamento di segretezza dell’Air Force nel trattare il problema UFO e aggiunse che L’Air Force non sapeva da dove provenivano gli UFO, pur essendo convinta che fossero veicoli interplanetari. Ma gli “alti papaveri” non sapevano come controllare la situazione e non si voleva creare il panico a livello nazionale.
Stando a quanto riferito dal ricercatore Raymond Fowler le credenziali di Arthur Stancil sono impressionanti: “c’erano alcune contraddizioni relative alle mie indagini, ma per lo più sembravano rientrare tutte nell’ambito dei vuoti di memoria e delle esagerazioni da parte dei testimoni. Ex impiegati e conoscenti professionisti avevano una profonda stima di Stancil e lo descrivevano tutti come una persona di grande competenza e profonda moralità. I documenti raccolti su di lui- proseguiva Fowler- indicano che ha pubblicato un discreto numero di saggi tecnici molto validi scientificamente, che ha due lauree in fisica e matematica ed una specializzazione in ingegneria e che fa parte di organizzazioni professionali di rilievo, come l’America Association for the Advancement of Science”.
Insomma Fowler sembrava fermamente convinto dell’attendibilità del testimone, il quale mostrò al ricercatore anche un diario che aveva redatto in quei giorni e che recava appunti sull’incredibile evento occorso in data 21 maggio 1953.
Il caso venne rivisto successivamente da Leonard Stringfield, studioso specializzato in materia di UFO crash, il quale ne ricavò le identiche impressioni di Fowler: la storia di Stancil sembrava dannatamente interessante e meritevole di ulteriori approfondimenti.
Stringfield riuscì nel 1977 a scovare un altro testimone dell’incidente: Un uomo che aveva fatto parte della Guardia Nazionale a Wright Patterson affermò di aver assistito ad un “recupero” di un UFO da un sito di un crash in Arizona, nel 1953. Aggiunse che erano stati recuperati tre corpi che furono conservati nel ghiaccio secco. La descrizione degli esseri è la medesima fatta da Stancil: altezza un metro e venti circa, teste larghe e pelle marrone.
Leonard Stringfield immagine tratta dal serial Taken di Steven Spielberg
Una storia quasi identica venne riferita al ricercatore Charles Wilhelm, nel 1966, da un uomo che l’aveva sentita dal padre sul letto di morte.
Ulteriori elementi sul caso Kingman sono emersi in epoca più recente.
Bill Uhouse (pseudonimo), un ingegnere meccanico di Las Vegas coinvolto in progetti segreti del governo USA a Dreamland ed a Los Alamos, ha fornito nuovi interessanti particolari sulla vicenda.
Egli avrebbe fatto parte di un team di scienziati impegnati in studi di retroingegneria su veicoli di origine extraterrestre.
Bill Uhouse Schema di Simulatore di volo di navi aliene
Stando alle dichiarazioni di Uhouse quattro alieni sopravvissero all’incidente di Kingman nel 1953, dei quali due apparivano gravemente feriti ed altri due in buone condizioni.
Alle entità incolumi fu permesso di rientrare nella propria navicella, mentre il resto dell’equipaggio fu trasportato presso un’installazione medica non meglio specificata (probabilmente il laboratorio blu della base aerea di Wright Patterson). A quanto pare, la squadra di militari che ispezionò il disco precipitato venne colpita da una misteriosa malattia.
Il disco venne poi caricato a bordo di un rimorchio e trasportato al Nevada test site.
L’ingegnere americano afferma inoltre che gli eventi di Kingman diedero luogo al programma diretto alla progettazione ed alla costruzione di un simulatore di volo che avrebbero utilizzato piloti militari USA per imparare a pilotare le navicelle aliene (progetto Redlight - n.d.a).
Dan Burish
Anche il controverso rivelatore Dan Burisch ha fornito dati su un presunto crash in Arizona nel 1953. Egli ne sarebbe venuto a conoscenza nel corso di un briefing del Majestic-12, il gruppo top-secret di studio sulla questione extraterrestre.
Gli elementi forniti da Burish coincidono con quelli di Uhouse: una semplice coincidenza? Crediamo di no.
Fonti:
- http://ufologie.net/htm/kingman53.htm
- http://greaterthings.com/News/ET/DanBurisch/links/index.html(link generali)
- UFO: Crash Retrievals", book by Jenny Randles, 1995.
- Situation RED, di Leo Stringfield
- UFO Crash at Roswell, by Kevin Randle and Don Schmitt, p.250-251, Avon Books, 1991, ISBN: 0-380-76196-3