Uno strano caso fotografico.
di Dino Colognesi.
Verso la metà degli anni ottanta, in una cittadina del Rodigino, fervevano i preparativi per l’inaugurazione di un nuovo negozio di oggettistica e articoli da regalo. L’evento era importante sia per la sofisticata struttura dell’ambiente, sia per l’elevata qualità del prodotto che proponeva. Quando tutto fu pronto, arrivò sul posto una troupe televisiva per effettuare delle riprese e preparare un filmato che doveva poi essere proiettato, come messaggio pubblicitario, in alcune sale cinematografiche della zona. Il giorno successivo intervenne anche un fotografo di professione per preparare un servizio che sarebbe stato inserito in una rivista specializzate del settore. Ed è stato proprio in quel giorno che accadde qualche cosa di insolito e senza una spiegazione scientifica. Il professionista posizionò tutta l’attrezzatura e iniziò il suo lavoro. I dati tecnici, le valutazioni, i calcoli, lo studio delle varie angolazioni facevano capire che ci sarebbe voluta l’intera giornata per portare a termine un buon lavoro. Renzo, nome fittizio, che per questione di privacy sostituirà il vero nome, lavorava come commesso nel negozio e aiutava nel limite del possibile il fotografo. Verso le diciassette il professionista disse a Renzo di tenersi pronto perché sarebbe stato inserito in alcune foto che avrebbe fatto di li a poco. Al momento opportuno, il fotografo invitò Renzo a portarsi vicino ad uno scaffale nel quale erano esposti dei calici in cristallo, a portare la mano su uno di essi e a restare fermo immobile. Scattò tre foto da posizioni diverse, poi ordinò a Renzo di portarsi al centro della sala con il calice in mano e di restare ancora una volta fermo immobile. Il fotografo scattò altre tre foto, poi Renzo si spostò dalla parte opposta e raggiunto un vassoio d’argento vi depositò il calice rimanendo ancora una volta immobile per permettere al professionista di fare altri tre scatti. Il servizio fotografico terminò intorno alle venti con gli ultimi scatti alle vetrine illuminate. Il fotografo si congedò dopo una lunga ed estenuante giornata ma visibilmente soddisfatto per il lavoro svolto.
Una decina di giorni dopo, si presentò grattandosi la testa e continuando a ripetere una frase che non prometteva niente di buono: “Mai successa una cosa del genere, è assurdo, in tanti anni di professione non mi è mai successo, non riesco a capire”. Il titolare del negozio e Renzo, sorpresi dall’inconsueto atteggiamento del fotografo, chiesero preoccupati che cosa fosse accaduto, temendo per il buon risultato delle foto. Scuotendo la testa, depositò la borsa sul tavolo e sfilò una voluminosa cartella contenente tutto il materiale, selezionò alcune foto e le depose davanti ai due. Questi le guardarono in assoluto silenzio, poi si scambiarono una rapida occhiata e tornarono a riguardarle chiedendosi che cosa ci fosse di tanto strano in quelle immagini apparentemente perfette. Il fotografo sorpreso rispose: “ Ma non vedete? Guardate bene!”. Il titolare e Renzo riguardarono le foto con più attenzione ma ancora non riuscivano a comprendere. I colori erano bellissimi, la luminosità perfetta, la nitidezza eccezionale, erano a tutti gli effetti delle gran belle foto. Ma mancava qualche cosa. In quelle nove pose mancava Renzo. “Vedete?” aggiunse il fotografo, “…il calice che Renzo teneva in mano c’è, è lì al suo posto e in queste altre vedete il calice sul vassoio? Il calice c’è ma Renzo che lo teneva con la mano non c’è! Io non me lo spiego, non è possibile, o esce tutto o non esce niente!”. Il fotografo aggiunse che aveva poi controllato e ricontrollato tutti i negativi, le varie pose, i numeri dei negativi con i relativi sviluppi, tutto coincideva, tutto era regolare tranne quel piccolo particolare.
Renzo, per niente preoccupato e comunque ignaro di quello che poteva essere accaduto, disse scherzosamente che in seguito sarebbe andato dal medico a farsi visitare.
La documentazione fotografica era comunque sufficiente per essere spedita alla direzione della rivista ma il professionista se ne andò con il viso tirato e visibilmente contrariato per non essere riuscito a trovare una risposta su quanto era successo.
Qualche tempo dopo, su consiglio di alcuni amici, Renzo si avvicinò al fenomeno ufologico, più per curiosità che per cercare delle risposte. Con alcuni amici, membri dell’USAC, si recò anche ad un convegno Internazionale di ufologia che si teneva a San Marino e in quell’occasione ebbe modo di assistere ad una conferenza di un noto ricercatore Americano che portò a conoscenza un caso accaduto negli Stati Uniti dove in una foto mancava una persona che al momento dello scatto si trovava con un gruppo di amici davanti alla macchina fotografica.
Il relatore parlò a lungo di quel caso e aggiunse che in seguito la persona che mancava in quella foto fu sottoposta ad ipnosi e durante le varie sedute portò alla luce tutti i retroscena della sua allucinante esperienza. Il ricercatore spiegava inoltre che senza ombra di dubbio vi sono molti altri casi analoghi, non documentati da foto, dove il soggetto rimane visibile ai presenti mentre nella realtà si trova da tutt’altra parte. Renzo non fu particolarmente colpito dalle affermazioni del relatore, ritenendo che il suo caso non avesse niente a che fare con quello appena esposto dall’illustre ricercatore. Nei giorni a seguire però, Renzo pensò più volte a quelle foto e a quello che raccontavano. Le vedeva e le rivedeva nella sua mente ma c’era un particolare che non riusciva a mettere a fuoco sopratutto per la scarsa importanza che gli aveva dato al momento dei fatti.
Lui stava considerando la possibilità che se nelle prime tre foto era ben evidente il calice di cristallo che teneva in mano sul lato destro della sala e le ultime tre evidenziavano il calice che teneva appoggiato sul vassoio d’argento, in teoria le altre tre foto, che lo avevano ripreso al centro della sala, dovevano mostrare un calice fermo a mezz’aria!
Questo particolare incuriosì particolarmente Renzo tanto che dopo qualche giorno si recò dall’ormai ex datore di lavoro per chiedergli di farsi mostrare le fotografie. Il titolare acconsentì, anche per il buon rapporto di amicizia tra i due e promise che il giorno successivo poteva ritirarle in negozio. Il pomeriggio del giorno successivo, Renzo si recò in negozio e ancora prima del saluto, il titolare, avvicinandosi con aria preoccupata, lo informò che tutto il materiale fotografico, compresi i negativi, erano spariti. Lui e la moglie avevano rovistato dappertutto, anche se erano certi che le foto dovevano trovarsi in un apposito cassetto dove da sempre conservavano solo materiale fotografico. Il titolare tradiva una buona dose di nervosismo mentre parlava, anche perché a quelle foto ci teneva in maniera particolare. Erano la testimonianza di un bell’evento, di qualche cosa di importante, di un obiettivo raggiunto dopo tanti anni di lavoro. Disse a Renzo di ripassare dopo qualche giorno perché avrebbe continuato a cercare quelle foto tanto care, ma credo sia inutile dire che non sono mai più state ritrovate.
La delusione di Renzo era evidente, in quelle foto sperava di ritrovare qualche particolare che lo avrebbe aiutato, qualche ricordo perduto anche se non una risposta plausibile. Quando chiesi a Renzo se al momento del servizio fotografico avesse avuto qualche inspiegabile sensazione o percepito qualche cosa di strano, mi rispose che si trovò estremamente a disagio al momento delle foto, ma niente di più. Nel passato di Renzo si erano già verificati eventi ed esperienze non comuni, raccolti di recente dagli inquirenti dell’USAC.
Dino
Colognesi |