di Marcello Soave 20/5/2007
Tra i fenomeni più sinistramente inspiegabili della cronaca nera vi è quello definito Autocombustione umana (in inglese Human Spontaneous Combustion – HSC). In pratica si tratta di individui del tutto normali i quali, improvvisamente, prendono fuoco senza apparenti interventi esterni. Di solito viene rinvenuto il corpo parzialmente incenerito ma ci sono anche casi in cui ci sono i testimoni oculari che hanno assistito direttamente al fatto. La bibliografia scientifica è colma di fascicoli considerati misteriosi riguardanti queste situazioni apparentemente paranormali. Il fenomeno dell’HSC ha vissuto un periodo di netto rifiuto da parte delle comunità scientifiche di tutto il mondo, nel quale veniva classificato nelle più disparate motivazioni, tra cui il suicidio o l’omicidio fino ad arrivare a incidenti domestici.
Il primo tentativo di catalogare tutti i casi allora noti di apparente HSC fu un libro, Essai sur les combustions humaines, scritto nel 1800 da tale Pierre-Aimé Lair. Nel suo volume, Lair descrive uno primi casi di HSC, risalente al 1673, in cui una povera “donna del popolo” fu consumata dal fuoco a Parigi. La donna era una forte bevitrice e una notte andò a dormire su un pagliericcio e nel corso della notte morì uccisa dalle fiamme.
Nel 1725 a Reims in Francia, Jean Millet, un albergatore, venne processato con l’accusa di aver ucciso la moglie bruciandola nel camino. Lecat, un giovane medico, riuscì a convincere i giudici che non si era trattato di una morte “normale” ed essi ammisero l’esistenza di un “fuoco divino” lanciato da Dio per castigare la moglie dell’albergatore, conosciuta da tutti come ubriacona
Uno dei primi casi italiani registrati è del 4 aprile 1731, presentato alla Royal Society di Londra da padre Giuseppe Bianchini. Il caso è quello di Cornelia Bandi, che era una contessa veronese di sessantadue anni con una salute di ferro. Quella sera si addormentò dopo aver chiacchierato con la sua cameriera. L’indomani mattina, verso le 8.30, come sempre, la cameriera andò a svegliare la Brandi e trovò il suo corpo completamente incenerito (di lei restavano solo i piedi e un pezzo di gamba fino alle ginocchia, parte della testa, tre dita e un cumulo di cenere), ma nient’altro nella stanza, piena di materiali infiammabili, fu toccato dal fuoco. Non fu mai trovata nessuna origine all’incendio.
Nel 1749, una donna francese ottantenne, la signora de Boiseon, che apparentemente per anni non bevve altro che alcolici e il cui corpo fu trovato ancora fumante su una sedia vicino al caminetto.
Nel 1774 a Coventry in Gran Bretagna, la cinquantaquattrenne Mary Clues, una forte bevitrice, la cui morte gli investigatori attribuirono al fatto che la sua camicia da notte avesse preso fuoco, o a causa della candela sulla sedia, oppure per colpa di un tizzone caduto dal camino.
Il 3 giugno
1782 a Caen in Francia, un’anziana donna svanì in fumo. Mèrille, il
medico incaricato di esaminare il caso, scrisse:"Il capo era posto su uno degli
alari, a quarantacinque centimetri dal fuoco. Il resto del corpo giaceva di
traverso, davanti al camino, ed era ridotto ad un mucchietto di ceneri. Benchè
fosse una giornata fredda, nel focolare c' erano solo due o tre pezzi
di legno bruciati". Onestamente, aggiunse che, nella giornata precedente la
tragica fine, l 'anziana donna era stata vista da alcuni testimoni bere parecchi
litri di vino e molto cognac.
Per quanto riguarda l’Ottocento, altri casi sono i seguenti: qualche tempo prima
del 1835, la trentenne Hannah Bradshaw, alcolista, morì bruciata a New York; il
calore che consumò il suo corpo aprì un buco sul pavimento e le ossa della
ragazza, insieme a un suo piede, furono trovati al piano sottostante. Vicino al
foro fu scoperto un candelabro con candela.
Nel 1852 John Anderson, un trasportatore di legnami, «noto bevitore di liquori»,
fu visto scendere dal suo carro, inciampare e bruciare fino alla morte. Il suo
corpo fu carbonizzato e ciò fu trovato essere consistente con il fatto che i
suoi abiti avevano preso fuoco e non c’erano stati ulteriori fonti che
alimentassero le fiamme. La pipa di Anderson fu trovata sotto il suo corpo.
Il 22 marzo 1908, a Whitley Bay, una piccola città del Northumberland, Margaret Dewar trovò in fase di combustione la sorella Wilhelmina. Dopo aver chiamato i vicini entrò di nuovo nella stanza: si scoprì che la donna era morta ma che le lenzuola e le coperte del letto non erano affatto bruciate: inoltre, non si vedeva traccia di fumo nella casa. Durante l'inchiesta Margaret continuò a sostenere il proprio racconto. In tribunale, tuttavia, ritrattò la deposizione, ammettendo di aver scoperto la sorella bruciata, al pianterreno della casa, e di averla aiutata a salire le scale e a mettersi a letto, dove era morta. I medici legali posero agli atti questa deposizione senza batter ciglio, dichiarando chiuso il caso. In realtà, erano state esercitate pressioni su Margaret perchè modificasse la prima versione, cosa che la donna aveva fatto senza curarsi di una grossa incongruenza: come avrebbe potuto Wilhermina, scoperta in stato di combustione al pianterreno, trasformarsi sul letto in un corpo arso lasciando intatte coperte e lenzuola?
Il 1 luglio 1951 a St. Petersburg in Florida venne trovato il cadavere carbonizzato della sig.ra Mary Hardy Reeser, mentre l’appartamento era rimasto quasi intatto. Questo è considerato un altro punto di riferimento nei fenomeni di HSC, perché fu il primo esempio in cui fu usato ogni possibile mezzo di moderna investigazione scientifica per determinare la causa del misterioso fenomeno.
Il 5 Dicembre 1966, Gosnell, un addetto dell’azienda del gas di Coudersport, in Pennsylvania, fu insospettito dallo strano odore che proveniva dall’interno della casa di Irving Bentley. Gosnell suonò più volte alla porta senza ottenere una risposta e alla fine decise di entrare. Frugò in tutte le stanze finché non raggiunse il bagno, ma tutto quello che trovò del Dr. John Irving Bentley fu un mucchio di cenere alto parecchi centimetri e un piede ancora calzato, che giaceva all’estremità di un area bruciata di 80-120 cm di diametro. A parte Bentley e i suoi abiti, nient’altro era bruciato nella stanza, inoltre più tardi si apprese che la vittima era stata vista viva pochi minuti prima.
Il 13 Settembre 1967 a Londra il vigile del fuoco Jack Stacey viene chiamato per l’incendio di una casa diroccata. La costruzione non aveva nessun danno riconducibile all' azione del fuoco ma, ispezionando l 'interno, Stacey s' imbattè nel corpo incendiato di un vagabondo, conosciuto dagli abitanti del posto con il nome di Bailey. "A livello dell' addome c' era uno squarcio di circa 10 centimetri", ricorda Stacey. "La fiamma usciva da quello spacco con forza, come in una lampada a gas". Per spegnere quella fiamma, Stacey dovette introdurre l' idrante nel corpo del vagabondo, estinguendo il fuoco, come disse, alla sua origine. "Non ho alcun dubbio che la combustione sia iniziata all' interno del corpo", concluse Stacey. Il caso venne archiviato come "morte dovuta a fiamma ignota".
Tre casi sono addirittura capitati nello stesso giorno: il 7 aprile 1978, al largo delle coste dell' Irlanda, il comandante in seconda del cargo "Ulrich" si preoccupò per improvvisi movimenti disordinati della nave; con sorpresa scoprì che il timoniere era scomparso. Al suo posto, un mucchietto di ceneri ed un paio di scarpe bruciacchiate. Il cielo perfettamente limpido escludeva ogni possibilità di un fulmine imprevisto. Sempre in quella data, in un paese dell' Inghilterra, la polizia scoprì, sul sedile di un autocarro rovesciato in un fossato, delle ossa annerite insieme a cenere grassa: era tutto quanto restava dell'autista, George Turner. I cuscini dell' autocarro, invece, risultavano appena intaccati dal fuoco.
E sempre lo stesso giorno, vicino a Nimega, in Olanda, in un' auto intatta si rinvenne ciò che rimaneva del proprietario, un commerciante, "bruciato al di là di ogni possibilità di identificazione".
Uno dei casi più famosi di combustione umana spontanea è quello investigato da John Heymer, un agente della Scientifica in forza al Criminal Investigation Department (Gran Bretagna). In una fredda giornata del 1980 venne chiamato ad investigare un caso di "morte per combustione" avvenuto a Gwent, nel Galles. Entrando nell' abitazione in cui si era verificato il fatto, Heymer rimase sorpreso dal calore intenso e dall'umidità eccezionale. C'era una strana luce arancio-rossastra. Sul tappeto notò un cumulo di cenere bianca brillante: ad un'estremità c'erano i piedi, appartenenti ad un individuo di sesso maschile, infilati in un paio di calze bianche: all'altra, un cranio annerito. era quello che rimaneva di Henry Thomas, un uomo di 73 anni.
Nel 1982 a Edmonton, nei pressi di Londra, Jeannie Saffin, una handicappata di 62 anni, prese fuoco mentre era seduta su uno sgabello di legno nella cucina della sua abitazione. L' attenzione di suo padre, che era seduto poco distante, venne attratta da un lampo improvviso di luce. Girandosi verso Jeannie, egli vide che era avvolta dalle fiamme, soprattutto sul viso e sulle mani, ma non piangeva nè si agitava. Il padre la spinse sul lavandino e chiamò il cognato che arrivò in tempo per vedere la donna in piedi, con la faccia e l'addome divorati da vampate di fuoco crepitanti. Le fiamme vennero domate ma la sventurata morì in ospedale. Il cognato di Jeannie, Donald Carrol dichiarò: " Le fiamme le uscivano dalla bocca come fosse un drago, facendo un rumore come un ruggito". L'inchiesta sulla morte di Jeannie venne differita in modo da dare il tempo alla polizia di accertare le cause di quel fenomeno. L'agente di polizia incaricato di assumere le informazioni non trovò alcuna spiegazione e lo scrisse nella sua relazione; poi disse ai parenti di Jeannie che egli riteneva la loro congiunta vittima di un episodio di combustione umana spontanea. Il verdetto dell'inchiesta attribuì il fatto ad una "tragica fatalità". Il medico legale, dottor J. Burton, disse alla famiglia: "Comprendo i vostri sentimenti ma non posso menzionare per iscritto la combustione umana spontanea, perchè una cosa simile scientificamente non esiste. Nella relazione dovrò parlare di fatalità".
Un caso di HSC in presenza di testimoni è accaduto l’8 Gennaio 1985 presso l'Istituto Tecnico Hilton di Widnes, nel Cheshire (Gran Bretagna). La malcapitata protagonista, Jacqueline Fitzsimons, ha preso fuoco davanti alle attonite compagne con le quali stava conversando. Ben sette persone, che assistettero all'episodio, sostennero l'assenza di una razionale spiegazione per le fiamme sprigionatosi dalla ragazza. Jacqueline, malgrado il rapido intervento delle amiche che soffocarono l'incendio che la devastava e le cure intensive a cui fu poi sottoposta, spirò dopo due settimane.
Le teorie emerse per spiegare il fenomeno spaziano dalla pirocinesi (capacità di generare e controllare il fuoco da parte di individui predisposti) alla combustione facilitata dall’alto tasso alcolico della vittima, alla insensibilità al fuoco delle vittime che avevano assunto medicinali (come i sonniferi), all’elettricità statica, al malfunzionamento biologico dei mitocondri (organuli cellulari volti alla gestione dell’energia) all’”effetto stoppino” o “effetto candela”. Secondo questo principio se un uomo è obeso ed è vestito con vari strati di indumenti infiammabili, questi ultimi funzioneranno da "stoppino" esterno, permettendo al grasso del corpo di bruciare come una candela. Se poi il contatto con una fiamma molto calda è sufficientemente prolungato e nell'ambiente c'è una buona fonte di ossigeno, allora non è necessario che la vittima sia obesa.
Il fatto è che è francamente incredibile che una persona che inizia a bruciare non si accorga del fatto e che il dolore non lo spinga a cercare di spegnere il principio d’incendio. Per di più per incenerire un corpo il fuoco dovrebbe raggiungere una temperatura che oscilla (a seconda delle valutazioni) tra 1650°C e 2500°C. Un incendio domestico, capace di distruggere un edificio intero, raggiunge in media una temperatura di 200°C e in tutti i casi di HSC l’incendio è circoscritto. Inoltre va detto che in condizioni normali il corpo umano non brucia molto bene, perché costituito per l’80% di acqua. Ha bisogno di un “accelerante” come benzina. Sono state fatte delle prove in laboratorio e gli esiti sono questi:
Per quanto riguarda il fattore alcool bisogna dire che si sono verificati casi in cui le vittime avevano sempre bevuto solo acqua.
Io personalmente avanzerei anche l’ipotesi che questi siano incontri ravvicinati con alieni che hanno avuto esito negativo, nel senso che l’alieno in questione (forse per paura o perché attaccato) potrebbe aver incenerito la vittima con un’arma simile ai “phaser” di Star Trek. Per quanto riguarda il fatto che non sia mai stato visto nessuno, non vuol dire niente, in quanto la casistica UFO mostra chiaramente che gli alieni conoscono tecnologie di “invisibilità”.
Per chi volesse approfondire gli studi più corposi (in inglese) sull’HSC sono:
Nickell, Joe e Fisher, John F., “Spontaneous Human Combustion”, The Fire and Arson Investigator, 34, n. 3, marzo 1984, pp. 4-11; 34, n. 4, giugno 1984, pp. 3-8.
Michael
Harrison, "Fire From Heaven"
Vincent Gaddis, "Mysterious Fires and Lights"
Francis Hitching, "The Mysterious World: An Atlas of the Unexplained"
Frank Edwards, "Stranger than Science"
Reader’s Digest, "Mysteries of the Unexplained"
Joe Nickell, "Secrets of Supernatural"
In Italiano vorrei segnalare:
Il testo di Valentina Gebbia si riferisce a un fenomeno di autocombustione non umana ma di materiale elettrico ed elettrodomestici avvenuto dall’1 al 15 febbraio 2004 a Caronia, in provincia di Messina. A Canneto, frazione marittima del comune di Caronia, incominciarono a registrarsi piccoli guasti agli elettrodomestici. Vennero chiamati gli elettricisti prima e i tecnici dell’Enel poi e nessuno riuscì a risolvere il problema. Tra il 7 e l’8 febbraio vanno a fuoco i contatori, prese elettriche e fili elettrici. In un’abitazione divampa un’incendio. Il sindaco allora ordina l’evacuazione dei residenti e interviene anche la Protezione Civile. Il 9 febbraio la zona viene blindata, vengono tolti tutti gli impianti elettrici. A questo punto è stata disattivata la rete elettrica, ma dopo poco tempo altri elettrodomestici hanno preso misteriosamente fuoco. Le teorie che mi sembrano valide in questo caso sono l’esposizione della zona a microonde (probabilmente irraggiate da ripetitori posti in cima ad una collina di fronte al paesino) e un’esperimento del progetto HAARP.
In Alaska, dal 1994 si sta portando avanti il programma HAARP, High Frequency Active Auroral Research Program, cioè «programma di ricerca attiva aurorale con alta frequenza». In pratica, una selva di enormi antenne eretta nel bel mezzo della foresta boreale nordamericana. Presso Gakona, circa 200 km a Nord-Est del Golfo del Principe Guglielmo, un terreno di proprietà del Dipartimento della Difesa USA fu scelto il 18 ottobre 1993 da funzionari dell’Air Force e a partire dall’anno seguente venne disseminato di piloni d’alluminio alti 22 metri, il cui numero è cresciuto di anno in anno fino ad arrivare a 180. Ognuno di questi piloni porta doppie antenne a dipoli incrociati, una coppia per la «banda bassa» da 2.8 a 7 MegaHerz e l’altra per la «banda alta» da 7 fino 10 MegaHerz. Tali antenne sono capaci di trasmettere onde ad alta frequenza fino a quote di 350Km, grazie alla loro grande potenza. A pieno regime, l’impianto richiede 3.6 MegaWatt (la potenza di 100 automobili), assicurati da 6 generatori azionati da altrettanti motori diesel da 3600 cavalli l’uno. Scopo ufficiale di queste installazioni è studiare la ionosfera per migliorare le telecomunicazioni. Come si sa, questo strato è composto da materia rarefatta allo stato di plasma, cioè di particelle cariche (ioni), e ha la proprietà di riflettere verso terra le onde hertziane, in particolare nelle ore notturne. E’ per questo, ad esempio, che di notte ci è possibile ascoltare alla radio le stazioni AM di molti Paesi stranieri, dato che la riflessione ionosferica permette ai segnali di scavalcare la curvatura terrestre. Secondo lo stesso principio è plausibile che le irradiazioni delle antenne HAARP possano rimbalzare fino a colpire gli strati bassi dell’atmosfera sopra un Paese distante migliaia di chilometri, come l’Italia.
Lo scienziato considerato il padre dell’HAARP è Eastlund. L’11 agosto 1897 il dott. Bernard Eastlund brevettava con numero di «patente» 4,686,605 il suo «Metodo e apparato per l’alterazione di una regione dell’atmosfera, della ionosfera o della magnetosfera». Si dice che Eastlund, fisico del MIT si sia ispirato ai lavori del grande genio Nikola Tesla (1856-1943), lo scienziato jugoslavo emigrato in America nel 1884. Quando Tesla morì, l’8 gennaio 1943, gli agenti dell’FBI diedero la caccia a tutti i suoi progetti, su cui si favoleggiò a lungo. D’altra parte lo stesso Tesla aveva parlato persino di raggi della morte, efficaci fino a 320 km di distanza.
Il sito ufficiale del progetto HAARP è http://www.haarp.alaska.edu/