I misteri di Taennchel

di Antonio Marcianò

 

 

Michel Padrines è autore di testi come L'insolito ed Il fenomeno U.F.O. Nel mese di ottobre 2008, è stato pubblicato il suo ultimo saggio, O.V.N.I. Investigation.

 

L’opera è un raro esempio di ricerca clipeologica: la clipeologia, la disciplina che investiga le possibili testimonianze di U.F.O. e di extraterrestri nel passato, dalla preistoria all’età moderna, conobbe negli anni ’70 del XX secolo la sua stagione d’oro con i libri di Robert Charroux, Erich Von Daniken, Peter Kolosimo, Raymond Drake ed altri. La paleoastronautica è poi declinata, eclissata dalla ripresa di altri filoni ufologici o dalla nascita di nuove branche, come l’esopolitica.

 

Eppure non di rado, lo studio di tracce lontane del tempo, ha fornito interessanti indizi per una possibile interpretazione di fenomeni attuali.

 

Padrines, nel suo libro che non trascura avvistamenti recenti, esamina alcune scoperte compiute nel sito archeologico di Taennchel in Alsazia. Il Taennchel è una cima dei Vosgi, nel Dipartimento dell’Alto Reno, a metà strada tra Strasburgo a nord e Mulhouse a sud.

 

L’area attorno al crinale che si allunga per circa 6 kilometri è enigmatica. La zona è disseminata di megaliti, di rocce con coppelle, di iscrizioni, molte delle quali tuttora indecifrate e misteriose. Un’altra curiosità è il “muro pagano” innalzato lungo un declivio della montagna. La sua origine e funzione sono ignote. La costruzione a secco darebbe il nome al sito, giacché Taennchel dovrebbe derivare da un termine celtico con il significato di “muro”.

 

Taennchel è una massiccio fantastico popolato di fate, di leggende e di misteri.

 

Sulla copertina di O.V.N.I. investigation campeggia una fotografia che ritrae un manufatto reperito in loco e raffigurante una stele su cui è scolpito un volto barbuto. Al di sotto del viso è effigiato un disco: secondo Padrines è possibile che sia stato rappresentato un oggetto volante con appendici inferiori che potrebbero essere i sostegni della navicella o raggi. Poiché sulla stele è riprodotto anche il sole circondato da una corona di fasci luminosi, si potrebbe pensare che la calotta sia un’immagine della luna, ma i tre cerchi interni (oblò?) inducono a scartare questa ipotesi, anche considerando che, come effigie del satellite, è piuttosto incongrua.

 

Non si conosce neppure il periodo cui risale questa scultura: il viso corrucciato pare, per il trattamento delle fattezze, più antico che preistorico. Potrebbe, però, la parte superiore della stele essere stata scolpita in un periodo successivo, mentre il sole ed il disco sembrano presentare tratti più arcaici: ricordano, infatti, analoghe incisioni rupestri della Valtellina e della Valle delle Meraviglie.

 

Fonte: Centro ricerche U.F.O. Liguria