Appunti sul “Caso Zanfretta”

  

1. Breve colloquio  con Andrea Pesci. 
2. Intervista a Zanfretta.
3. Alcune speculazioni linguistiche sulla parola “Almoc”, il nome del comandante alieno  incontrato da Zanfretta a bordo dell’UFO.

 

 

 

 

1. Breve colloquio con Andrea Pesci.

 

 

In data 10 Luglio 2002 ebbi occasione di fare una gita a Torriglia. Giunto in  paese mi venne l’idea di informarmi sul caso  Zanfretta. Chiesi quindi di Andrea Pesci, un ex collega del metronotte, rimasto  coinvolto, seppure  marginalmente, in tre episodi ufologici.      

Un passante  mi disse che l’ex metronotte abitava in località Pian dell’Orso, un minuscolo centro abitato, costituito da villette e case popolari, situato a circa quattrocento metri dal nucleo di Torriglia. A casa della famiglia Pesci trovai solo la moglie del signor Andrea, la quale mi disse che avrei trovato suo marito in un bar del centro del paese.

Alle  10,40 incontrai  Andrea Pesci in un bar situato in via Nostra Signora della Provvidenza.  L’uomo, un sessantaquattrenne, alto e leggermente stempiato, si  mostrò subito cordiale, ma quando gli spiegai la ragione della mia visita si  mise la mano sulla fronte esclamando: <<Zanfretta? No, per favore!>>. Non ci fu verso di sbottonare il signor Pesci che molto educatamente e con fare un pò sornione rispose alle mie domande in modo breve e assai vago.

Riporto di seguito le scarne informazioni ottenute.

Egli affermò che nel corso di un’operazione di  ricerca di Zanfretta  la sua automobile ebbe un black out. Lo spavento fu così forte che rimase a letto con la febbre alta per diversi giorni. Nel libro “Luci nella notte - UFO: il caso Zanfretta” (Alkaest editrice, Genova 1984) l’autore Rino Di Stefano non menziona tale  episodio accaduto a Pesci  sebbene  faccia il nome del metronotte in merito a tre episodi:  il quarto incontro ravvicinato (un rapimento)di Zanfretta avvenuto la notte tra il 2 ed il 3 Dicembre 1979 nei pressi di Marzano (v. più avanti); il mancato rapimento avvenuto la notte del 12 Febbraio 1980. In quell’occasione Pesci alla ricerca  del collega  insieme a buona parte degli agenti dell’”Istituto di Vigilanza Valbisagno”, vide distintamente un oggetto luminoso triangolare dirigersi sull’abitato di Rossi (frazione di Davagna ). All’operazione, pianificata dalla dirigenza della “Valbisagno”, partecipò anche Rino Di Stefano il quale, a bordo dell’auto guidata  dalla guardia giurata   Delle Piane, incontrò Pesci piangente e spaventato in prossimità dello svincolo per Rossi  in piazza Scoffera: il metronotte aveva appena visto Zanfretta imboccare la stretta salita in cima alla quale o poco più  venne trovato in stato di shock.

Il terzo episodio che coinvolse Pesci è relativo al quinto ed ultimo incontro di Zanfretta,  incontro  non fisico ma <<telepatico>>. Tale episodio  si verificò la notte del  13 Agosto 1980. L’ipnosi ebbe luogo il 28 dello stesso mese presso lo studio del dottor Moretti.

Ancora una volta Zanfretta, succube di un’ intelligenza occulta che annullava  parzialmente la  sua volontà, fu <<obbligato >> a dirigersi a nord di Genova. Come nell’episodio del 12 Febbraio raggiunse località Scoffera dove incontrò nuovamente Pesci che  inseguì il metronotte per un breve tratto di strada (nel libro non è stato indicato per quale direzione), finché avvenne qualcosa di strano: Zanfretta obbedendo a chi lo controllava  si fermò, contemporaneamente egli vide   l’auto di Pesci fermarsi e spegnere i fari. Poi Zanfretta ripartì, invece Pesci  non fece (o non riuscì a fare) altrettanto. Nel capitolo relativo a questo episodio non viene aggiunto nient’altro in merito all’esperienza di Pesci. Egli non aveva alcun motivo per fermarsi e sospendere l’inseguimento sicché presumo che  l’episodio del black out al motore dell’automobile che egli mi accennò sia riferibile  proprio a quest’ultimo episodio

Subito dopo lo stop di Pesci sopraggiunsero le auto con gli altri colleghi (tale tempestività si spiega col fatto che dopo l’ultimo incontro Zanfretta era guardato a vista dai suoi compagni di lavoro). Essi  seguirono Zanfretta (che guidava a fari spenti!)  fino in prossimità di una loclità chiamata Sant’Alberto. Qui il metronotte una volta  sceso dall’auto venne visto  volgere lo sguardo verso il cielo per circa trenta minuti  e poi ripartire verso Genova. Giunto in sede non sembrava ricordare nulla di quanto successo. Il resto fu svelato dall’ipnosi. 

  

Pesci  dichiarò  di avere conosciuto  nella prima  metà degli anni novanta (1993 o1994), gli appartenenti ad un gruppo ufologico americano che svolse delle indagini a Marzano e dintorni. Sapendo che il C.U.F.O.S. (“Center for UFO Studies” ) si era occupato del caso Zanfretta, gli feci  il nome di Joseph Allen Hynek, il signor Pesci trasalì e mi disse che forse si trattava proprio del gruppo di Hynek.

Per quanto ne  so  il “CUFOS” si era interessato al “Caso Zanfretta”  limitatamente a  quanto della vicenda era stato divulgato negli USA sul settimanale “National Enquirer”  in un  numero del 6 Luglio 1979, con un articolo di tre pagine pubblicato sul trimestrale ’”International  UFO Reporter”, una delle due riviste ufficiali del C.U.F.O.S. (l’altra, annuale, simile per formato e numero di pagine ad un libro, è il “Journal of Studies” ) del Novembre 1979, ma non mi è nota un’indagine in loco  svolta dal gruppo ufologico americano negli anni novanta.   

 

L’ ex metronotte  confermò l’esperienza del tenente Giovanni Cassiba che nel corso della ricerca di Zanfretta, la notte tra il 2 ed  il 3 Dicembre 1979 (quarto incontro) nei pressi di villa "Casa Nostra" , aprì il fuoco  contro due fasci luminosi  proiettati su di lui e sui suoi uomini da una gigantesca nuvola che stazionava  proprio  sopra di loro. Alcuni contadini di Marzano riferirono  che la sera del 2  avevano avvistato un corpo luminoso sopra il paese e  spaventati si erano chiusi in casa; una donna aggiunse che questi fenomeni luminosi erano assai frequenti nella zona.  Fu Pesci, di pattuglia a Torriglia, già allarmato  dalla centrale della scomparsa di Zanfretta, che per primo avvistò l’UFO luminoso su Marzano e che avvisò  Cassiba e  gli altri colleghi di dirigersi al paese.

 

Negò che  fosse stato commesso un furto nella villa  “ Casa Nostra” (l’anomalo furto degli animali imbalsamati che Zanfretta nel corso della prima seduta di narcoanalisi svolta a Milano il 6 Febbraio 1979, riferì con le parole dei suoi rapitori i quali  affermarono di essere entrati nella villa e di avere prelevato <<degli esseri animali>>, due uccelli impagliati ), ma dichiarò che nella zona ne erano stati compiuti diversi.

Probabilmente Pesci  riteneva  sgradevole parlare di un furto avvenuto nell’abitazione dove il suo ex collega aveva vissuto un’esperienza tanto incredibile e quindi già di per sé fonte di sospetti, così  preferì negare che a villa “Casa Nostra”  fosse stato compiuto un furto.  

 

Mi disse, senza indicare la fonte da cui ebbe l’informazione, che l’oggetto posseduto da Zanfretta era custodito in un cimitero abbandonato di cui si è persa la memoria.    

Quando gli domandai, sempre  a proposito dell’oggetto, se secondo lui Zanfretta  era sincero,  rispose: <<con me Zanfretta è sempre stato sincero>>.

  

 

 2. Intervista a Zanfretta.

 

 

Passiamo all’intervista  che feci a Zanfretta pochi giorni più tardi.

Prima di procedere alla trascrizione è bene fare una precisazione: perché al lettore non sorgano dubbi durante la scorsa dell’intervista, vi sono alcune evidenti contraddizioni tra le dichiarazioni di  Zanfretta e quanto riferito  nelle fonti scritte più o meno note (non solo il  libro di Rino Di Stefano ma anche “UFO: la realtà nascosta” di Luciano Boccone e “Compendio di ufologia” (Piero Mantero). Il perché di tali contraddizioni è facilmente  intuibile dalle risposte dell’interlocutore.

 

La sera di Mercoledì 24 Luglio, previo appuntamento telefonico, mi recai a casa di  Piero Fortunato Zanfretta, allora abitante nella delegazione di Sampierdarena in via San Giovanni Bosco.   L’uomo, un cinquantenne non molto alto, corpulento e con i capelli grigi, durante tutto il colloquio si mostrò educato ed  alla mano. Ecco il testo  dell’intervista.

 

A.R.: << A quando risale il suo primo contatto con gli alieni e in che modo avvenne?>>

 

F.Z.: << Nel Luglio 1978. Alle tre di notte vidi un oggetto a forma di sigaro a 200 m di altezza

che emise un flash. Chiamai la centrale operativa ma non mi presero sul serio, anzi si fecero una risata. Qualcuno  riuscì a fotografarlo. In merito fu pubblicato un articolo su “Il Secolo XIX” >>.

 

Feci notare a Zanfretta che, diversamente da quanto da lui affermato, su alcuni libri il suo primo contatto ufologico veniva fatto risalire al 17 Febbraio 1977 (Boccone), su altri ad un giorno imprecisato del Gennaio1978 (Di Stefano, Mantero). Egli così mi rispose:

 

<< Dell’avvistamento del Febbraio 77 o del Gennaio 78 non so dirle nulla. Sono stato tenuto all’oscuro di molte cose che ho detto sotto ipnosi >>

 

A.R.: <<Quando fu ospite del “Maurizio Costanzo Show” nell’Aprile del 2002 [in precedenza Zanfretta era stato ospite di Costanzo due volte. N.d.A.],  raccontò che  nel corso del primo rapimento gli alieni La denudarono, La legarono ad un tavolo operatorio e Le prelevarono il sangue…>>.

Quest’aspetto della vicenda  nei libri in mio possesso che trattano il caso in esame non è riferito. Ne venni a conoscenza grazie alla trasmissione televisiva. 

 

F.Z.: <<Vidi  un macchinario munito di quattro punte di vetro scendere dal soffitto.

<<Senza procurarmi alcun dolore queste punte mi bucarono i fianchi, le cosce e le spalle. Io vedevo il sangue uscire da una parte ed entrare nell’altra cioè aspirato e rimesso a posto>>. 

 

A.R.: << Gli alieni la sottoposero  ad altri esami ?>>

 

F.Z.: << Non me lo ricordo >>

 

A.R.: << Perché ha rivelato questi particolari soltanto recentemente? >> (Nei resoconti delle sedute ipnotiche e nei referti medici non v’è traccia di essi )

 

F.Z.: << Non è vero, alcuni libri ne parlano eccome! >> [io però ne sentii parlare per la prima volta  al “Maurizio Costanzo Show”. N.d.A.], poi aggiunse: << Questi particolari come molte altre cose  non sono mai stati rivelati. Di Stefano e altri scrittori sono  stati per così dire dissuasi dal riferirli. Ha mai visto “X Files?” Gli studiosi e gli investigatori arrivano fino ad un certo punto e poi vengono fermati! Sono intervenuti poteri dall’alto. Quando andai negli Stati Uniti a farmi visitare [fu anche sottoposto ad altre ipnosi. N.d.A.], fui avvicinato da agenti della C.I.A. ed  altri.  >>

 

Non so tutt’ora che peso dare a queste affermazioni. Ero indeciso se riportarle o meno, a dire la verità più per tema del ridicolo che di altro, così dissi a Zanfretta che  non le avrei scritte, ma egli affermò di non avere niente da nascondere e che non gli importava nulla se le avessi scritte o meno. 

Oggi avendo una maggiore esperienza in campo ufologico sono meno scettico sull’intervento dell’intelligence sul caso del metronotte.

 

A.R.: << Fu avvicinato anche da agenti russi?>>

 

F.Z.: << Alcuni agenti russi incontrati  negli Stati Uniti mi invitarono ad andare in Russia ma rifiutai>>.    

 

A.R.: <<  All’interno dell’astronave Le veniva fatto indossare un casco che Le provocava forti dolori alla testa…>>

 

F.Z.: << Sul tavolo scendeva un oggetto, presumo fatto di metallo, che mi copriva anche gli occhi. Mi causava dolore alla testa… come quello che produce una scossa elettrica quando ficchi il dito in una presa di corrente. Me lo mettevano quando mi ribellavo>>.

Feci notare a Zanfretta che  sebbene il dolore sia un mezzo efficace contro la ribellione,

da esseri più progrediti di noi ci si sarebbe aspettati un metodo meno brutale per calmare un soggetto rapito, sicché il casco poteva avere un’altra funzione.  A questa mia obiezione egli disse: << E’ vero, ma vede il problema ero io. Non accettavo questi esseri, mi ribellavo continuamente>>.

 

A.R.: << Secondo Lei per quale ragione l’hanno rapita?>>. 

 

F.Z.: << Sono passato nel posto sbagliato al momento sbagliato>>.

 

A,R.: << Nel corso della seduta ipnotica del 3 Dicembre 1979 relativa al quarto incontro ravvicinato, Le venne detto dai suoi rapitori che la luminosità che emettevano dalla bocca era prodotta da una sostanza del loro sistema corporeo. Che Lei sappia, sono mai state formulate ipotesi circa l’aspetto e la fisiologia di questi esseri?>>

 

F.Z.: << Non so nulla  di quanto scritto da Di Stefano in merito. Non ho nemmeno letto il suo libro >>.

 

A.R.: << Gli esseri che vide all’esterno dell’astronave avevano movenze naturali o impacciate?>>

 

F.Z.: <<Avevano movimenti naturali.

<<All’interno dell’astronave non muovevano i piedi, ma si muoveva il pavimento, come se fosse un tappeto o un rullo>>

 

Gli alieni dissero a Zanfretta che volevano stabilirsi sulla terra perché il loro pianeta d’origine stava  per esplodere.  Ammesso che gli avessero detto la verità, questo significa che la Terra non è poi tanto dissimile dal loro pianeta di provenienza e questa somiglianza riguarderebbe anche la forza di gravità. Con  questa domanda  volevo verificare se nella storia  raccontata dall’ex metronotte tutto quadrava.  

 

A.R.: << In che modo comunicava con i suoi rapitori?>>

 

F.Z.: << Telepaticamente. Loro < sentivano> la mia mente. Mi parlavano in una lingua strana ed io rispondevo spontaneamente sebbene non la conoscessi! Infatti mi chiedevo: <ma che sto dicendo?> >>.

 

A.R.:  <<E’ stato scoperto il significato delle parole pronunciate dagli alieni che lei riferì sotto ipnosi o comunque è stata ipotizzata una loro relazione con una qualche lingua terrestre?>>.

 

F.Z.: <<No, ma le registrazioni  delle frasi sono state inviate negli U.S.A. al “Centro Ricerche Voci Mondiali” [si tratta assai probabilmente di un nome sbagliato,  Zanfretta non ricordava con esattezza il nome di questa  organizzazione che il sottoscritto, purtroppo, non  è riuscito ad identificare (N.d.A.). Gli studiosi che operano in tale organizzazione hanno detto che non assomigliano a nessuna lingua parlata sulla Terra. Solo uno o due parole assomigliano vagamente  alla lingua araba, ma è controverso>>.

 

A.R.: <<Secondo lei qual è il luogo di provenienza di questi esseri?>>.

 

F.Z.: <<Non lo so. Tutto quello che ho detto sotto ipnosi è stato archiviato e non mi hanno detto niente >>.  

 

La risposta di Zanfretta mi lasciò perplesso: è davvero possibile che gli sia stato impedito di conoscere il contenuto delle sedute ipnotiche (ricordo che non ci sono solo quelle riferite nel libro di Di Stefano, Zanfretta è stato ipnotizzato più di cento volte ed attualmente rifiuta le ipnosi). Era evidente la sua intenzione di non voler dire quello che sapeva trincerandosi dietro risposte come: <<non lo so, non me lo ricordo,  me lo hanno tenuto nascosto>>.

 

A.R.: <<Può descrivermi l’aspetto ed il comportamento dell’“uomo con la testa ad uovo”  da lei incontrato nel corso di due rapimenti?>>.

 

F.Z.: <<Un essere umano di bassa statura, alto circa un metro, aveva la faccia completamente bianca senza lineamenti. Indossava una giacca a quadretti bianchi e neri ed aveva le mani sempre in tasca. Mi seguì per alcuni giorni in pieno centro cittadino. La cosa incredibile è che lo vedevo soltanto io, ai passanti era invisibile. Una volta chiesi ad un signore: <vede anche lei quello che vedo io?> e quello mi rispose: <che cosa?>.

 

A.R.: << Le sembrava un essere umano, un umanoide oppure un robot?>>.

 

F.Z.: <<Non lo so. I movimenti erano naturali, mi seguiva e lo vedevo solo io>>.

 

A.R.: <<Esercitava qualche tipo di influenza su di lei?>>.

 

F.Z.: <<Nessuna. Mi seguiva soltanto. Uno scienziato mi disse che quell’essere aveva probabilmente il compito di sorvegliarmi>>

 

A.R.: <<In che modo comunicavate?>>

 

F.Z.: <<Non abbiamo mai comunicato>>

 

Stando a quanto  riferito dal metronotte nel corso della sesta seduta ipnotica (la terza con Moretti: includendo quest’ultima il metronotte era stato sottoposto fino a quel momento a tre sedute ipnotiche tenute a Genova  e relative al primo, al secondo ed al quarto rapimento, e tre a Milano fatte con il siero della verità, di cui due  riguardanti  il secondo rapimento ed una relativa al terzo. Va precisato che il contenuto della seconda narcoanalisi milanese non è riportata nel libro di Rino Di Stefano perché  venne effettuata all’insaputa di quest’ultimo) che si tenne   il  3 Dicembre 1979 nello studio del dottor Moretti    in seguito al quarto rapimento avvenuto la notte tra il 2 e il 3 Dicembre, questo misterioso individuo che esercitava una specie di controllo ipnotico su Zanfretta, aveva avvicinato il metronotte mentre questi era intento a mettere della benzina presso una stazione di servizio di corso Europa a Genova. Egli lo indusse ad entrare con l’automobile in una <<nuvola bianca >> prodotta dall’UFO  che  alzò il mezzo con a bordo la guardia giurata dal suolo trasportandolo al suo interno.

Zanfretta poco prima di essere rapito rivolse delle domande  all’uomo dalla testa ovale che gli ordinò di entrare nella macchina (<<Ecco… scusi… chi è lei? Perché sta al buio? Ma si sente male? Devo venire avanti? Perché mi guarda con quegli occhi? Ma… venga fuori dal buio. Di nuovo lei? Ma lei è quello che ho già visto due volte…Dove? Dove devo entrare? E perché?  Ah… sì, sì: entro dentro… ma non mi guardi così che mi dà fastidio agli occhi. Sì entro nella macchina e entro nella nuvola. Dove andiamo, adesso? Ci tira su…! Stiamo salendo… Ma  siamo alti….  Dio, quanta luce… E dove siamo qua dentro?>>) 

 

A.R.: <<Lo ha incontrato solo durante i rapimenti o anche in altre occasioni?>>

 

F.Z.: <<Non l’ho incontrato durante i rapimenti, ma solo nell’arco di tempo fra il terzo e il quarto rapimento>>

 

Tuttavia in “Luci nella notte.  UFO: il caso Zanfretta”  le  cose stanno diversamente.

Nella seduta del 3 Dicembre 1979, Zanfretta affermò  di avere già incontrato <<l’uomo con la testa d’uovo>>. Infatti interrogato da Luciano  Boccone rispose:  <<Sì, è sempre lo stesso che ho visto una volta a Bargagli  (purtroppo non  precisa  in quale episodio. Bargagli è un piccolo comune dell’entroterra di Genova distante una quindicina di chilometri da Torriglia)>>: Più avanti rispose a Di Stefano dicendo: <<(…) Era lo stesso eguale identico, a quando avevo visto l’astronave a forma di sigaro. Era lo stesso che ho visto dopo… dopo nella galleria che mi ha chiesto: <Hai visto?>, e io…  l’ho mandato a fa’ n culo. E poi è sparito>>. Dal brano di quest’ultima risposta sono individuabili  i luoghi degli incontri col fantomatico individuo: quello del Luglio 1978,  avvenuto a Marzano nei pressi di villa “Casa Nostra”  (precedente  al primo rapimento avvenuto nel mese di Dicembre) quando il metronotte venne colpito da un flash proveniente da un UFO cilindrico. Invece  l’incontro nella galleria  è forse relativo al secondo rapimento avvenuto il 27 Dicembre 1978 quando Zanfretta, a bordo della sua auto di servizio venne <<teleportato>> dalla galleria del passo dello Scoffera fino a Rossi e dove poi  fu  tradotto all’interno di un’astronave.

Zanfretta incontrò il misterioso figuro anche nel fallito rapimento del 12 Febbraio 1980 a cui ho accennato al §1. Di Stefano non indica tale episodio come il quinto incontro ravvicinato perché i “Dargos”  non si fecero vivi.

I dirigenti della “Valbisagno” in previsione di un nuovo incontro fecero installare all’insaputa del loro dipendente alcuni <<accorgimenti tecnici>> in una “FIAT 127” che avrebbero fornito a Zanfretta nel caso avessero notato  qualcosa di strano nel suo comportamento. La spia che preannunciava al metronotte  un possibile nuovo incontro con gli alieni  era un forte mal di testa congiunto o prodotto da un suono (un <<fischio>>) che  sentiva nella testa.

Nella macchina  furono installati: un rintracciatore “bip-bip”  in monofequenza, ricevibile dalle radiomobili di tutte le auto della “Valbisagno” da una distanza massima di due, tre chilometri,  dei cavi d’acciaio collegati  ai mozzi - ruota per verificare se davvero durante l’ abduction  il mezzo veniva sollevato dal suolo (come accadde nel secondo rapimento e con la vespa  nel terzo). Se questo fosse nuovamente accaduto, i cavi, a causa della convergenza dei mozzi,  si sarebbero spezzati. Inoltre nell’abitacolo furono nascosti un termometro a memoria per misurare, qualora si fosse verificato come nell’incontro avvenuto nella notte tra il 27 e 28 Dicembre 1978, l’anomalo innalzamento della temperatura del mezzo. Furono altresì collocati dei nastri magnetici e delle pellicole fotografiche  allo scopo di rivelare le eventuali  anomalie  del campo elettromagnetico.

 

La notte del 12 febbraio 1980 Zanfretta si trovava con l’auto di servizio in un punto tra  Genova Brignole e Nervi, in costante collegamento con la centrale radio. Ad un certo punto egli non fece più udire la sua voce, così scattò  il piano disposto dalla “Valbisagno” per rintracciarlo.

Succube di una misteriosa forza che controllava la sua volontà, Zanfretta fu costretto a salire in macchina ed imboccare il casello autostradale di Nervi (dove pagò regolarmente il biglietto). Uscita a Staglieno, la macchina si bloccò presso il cimitero monumentale, la portiera si aprì ed entrò l’uomo con la testa ovale. Poi la guardia giurata, sempre sotto il controllo  della misteriosa forza che lo guidava,  si diresse fino a  Scoffera .

Come ho accennato nel §1, in quell’ occasione il metronotte Andrea Pesci  di sorveglianza in piazza Scoffera (dove è appunto situato lo svincolo per Rossi) per poco non venne investito da Zanfretta.  L’uomo con la testa ovale, raccontò Zanfretta in ipnosi, si abbassò un istante   prima che Pesci potesse vederlo.

Giunto in cima alla strada che attraversa la frazione di Rossi, costituita da poche case sparse e disseminate nel verde,  il misterioso individuo scese dall’auto e salì su un enorme UFO luminoso (Zanfretta stimò in trenta metri la circonferenza dell’oggetto) che stazionava a quattro - cinque metri dal suolo in prossimità di una piazzola situata poco distante da quella in cui si era verificato il secondo incontro.

Zanfretta invece riuscì a fuggire. Egli raccontò che non venne rapito grazie alla tempestività dei  suoi colleghi  Gli alieni non ebbero il tempo di prelevarlo e di tradurlo sull’UFO, che per non essere avvistato si abbassò in una  vicina valle dove diminuì la sua luminosità fino a  confondersi con l’oscurità. A questo punto per ragioni di spazio sono costretto a terminare qui la sintesi dell’accaduto.  Aggiungo che una volta trasportata in officina, l’auto  venne esaminata: i cavi collegati ai mozzi - ruota furono trovati spezzati, il termometro a memoria  indicava quale temperatura massima raggiunta (nonostante la notte gelida) 43 gradi, invece nulla di significativo venne rilevato dall’esame dei nastri magnetici e della pellicola fotografica.

 

Avrei voluto fornire un racconto più dettagliato di questo episodio ma ho già superato ampiamente  l’oggetto della domanda che rivolsi a Zanfretta sicché preferisco fermarmi.

Contrariamente a quanto possa sembrare   tale resoconto  è soltanto una parziale sintesi di quanto riferito in merito  nell’opera di Rino Di Stefano.

 

A.R.: <<Dopo ogni rapimento Lei accusava disturbi fisici:  vomito alimentare ed espulsione di urine nere. E’ stata data una spiegazione a questi disturbi?>>    

 

F.Z.: <<L’espulsione dell’urina nera ci fu solo dopo il primo incontro. Alle 6 di mattina [del 7 Dicembre 1978. N.d.A.] tornato a casa andai in bagno e orinai nero per circa quaranta secondi. Il medico che mi visitò [Cesare Hardy ? N.d.A.] ne imputò la causa alle radiazioni. Si rammaricò perché non  avevo conservato l’orina in una bottiglia>>

 

A.R.: <<L’anormale aumento del suo peso corporeo (11 Kg ad un anno dal primo rapimento. N.d.A.) fu provocato da fattori fisici connessi al rapimento o da fattori psicologici cioè da un cambiamento delle sue abitudini alimentari sempre in qualche modo relativi alle sue esperienze?>>

 

F.Z .: <<No.  Ma che stronzate! (ride, ma sul referto del professor Hardy è  riferito l’anomalo aumento di peso di Zanfretta. N.d.A.). Non ho cambiato le mie abitudini alimentari. Adesso sono gonfio perché a causa di un disturbo assumo cortisone>>

 

Anche questa risposta contraddice quanto scritto sul referto del professor Hardy. Non approfondii la questione dando per scontata una risposta evasiva, inoltre temevo che l’intervistato si seccasse.

Circa l’assunzione di un farmaco  a causa di un disturbo v’è da dire che Zanfretta nel 1995 ebbe un infarto.

 

A.R.: <<E la canizia precoce?>>

 

F.Z.: <<Che cosa?>>

 

A.R.: <<I capelli bianchi. Nel libro di Di Stefano c’è scritto che i un breve lasso di tempo i suoi capelli  da neri corvino  diventarono bianchi>>

 

F.Z.: <<Un effetto della paura>>

 

A.R.: <<Può descrivermi per quanto Le è possibile con esattezza e dettagliatamente, il tipo di impulso che la spinge a recarsi dall’oggetto che le hanno dato gli alieni? >>

 

F.Z.: <<Sulla nuca gli alieni mi hanno inserito un oggetto metallico triangolare senza lasciare alcuna cicatrice. Me lo hanno impiantato al centro della nuca dove c’è l’osso [sulla parte inferiore dell’osso occipitale. N.d.A.].

<<Sento una specie di sibilo, un suono nel cervello… < sentivo> dove recarmi sia durante i rapimenti sia  dall’oggetto. <Sento>  che è la parte metallica a produrre il sibilo>>.

  

È ipotizzabile che l’impianto (ammesso che ci sia davvero, visto che quando mi fece toccarre la nuca a dimostrazione di quanto aveva appena affermato io percepii solo la bozza dell’osso occipitale, una protuberanza ossea che hanno tutti gli esseri umani)  funzioni come un ponte radio.

 

A.R.: <<Può descrivermi dettagliatamente l’aspetto dell’oggetto che ha ricevuto dagli alieni?>>

 

F.Z.: <<All’interno di una scatola di metallo lucido di 60 cm di lato, vi è una sfera trasparente che contiene un piramide dorata semitrasparente riempita a metà di un liquido celeste>>

 

A.R.: <<La piramide è tetraedrica  ha cioè ha una base triangolare?>>

 

Una risposta affermativa avrebbe significato che l’oggetto ha una forte valenza simbolica.

 

F.Z.: <<Si, ha una base triangolare>>

 

A.R.: <<Come riesce a farla funzionare?>>

 

F.Z.: <<Metto la mano sopra la scatola, questa si apre mostrando la sfera. La piramide che è al suo interno comincia a girare velocemente in tutti i sensi. Mentre gira dentro il globo si formano delle scintille simili a scariche elettriche>>

Per un’ ovvia ragione non domandai a Zanfretta il nome del luogo in cui ha celato l’oggetto. Egli   ha però più volte dichiarato di averlo nascosto nella grotta di un monte.

 

A.R.: <<Che cosa prova quando l’oggetto è in funzione?>>

 

F.Z.: <<Nulla, sto lì a guardarlo sperando che accada qualcosa: ventidue anni che ce l’ho e non è mai avvenuto niente di nuovo>>

 

A.R.: <<Nel disegno [nel frattempo Zanfretta mi aveva mostrato una fotocopia a colori  del disegno dell’oggetto.N.d.A.] sono visibili dei segni sulle facce della piramide e sulla base rettangolare sulla quale poggia la sfera [ si tratta di una tastiera visibile solo quando la scatola è aperta. N.d.A.]…

 

F.Z.: <<I segni ci sono! Il disegno l’ho fatto io [presumo con l’ausilio di un computer N.d.A.] e rispecchia fedelmente l’oggetto>>

 

A.R.: <<Quali congetture sono state fatte circa l’interpretazione e l’origine di questi segni?>>

 

F.Z.: <<Il “Centro Ricerche Voci Mondiali” [ribadisco l’inattendibilità di questo nome. N.d.A.]  mi comunicò che  i segni sulla piramide sembravano avere un legame con la lingua araba [Zanfretta non fu in grado di dirmi in che cosa consistesse tale legame. N.d.A.]. La faccia della base con  i segni incasellati è una tastiera, ho provato a schiacciare i tasti ma non è successo niente>>

Il segno visibile su ciascuna delle tre facce della piramide (nel disegno ne sono visibili solo due), simile  a due onde,  che si intersecano formate da punti celesti giustapposti, furono osservate dal testimone  anche sulla base dell’U.F.O. e sul corpo degli alieni, questi ultimi lo portavano  all’interno di una losanga (un rombo) gialla impressa sul petto; trattasi senza dubbio di un simbolo, forse un marchio d’appartenenza.

 

A.R.: << Quando l’ordigno non è in funzione la piramide rimane sospesa all’interno della sfera oppure poggia sulla base?>>

 

F.Z.:<< Rimane sospesa >>.

 

Questo  significa che  l’oggetto non si spegne del tutto, ma continua ad emettere energia. 

 

A.R.: <<Ha mai cercato di fotografare l’oggetto?>>

 

F.Z.: <<Due scienziati americani mi inviarono delle attrezzature fotografiche e una videocamera [ovviamente si trattava di un’attrezzatura particolare N.d.A.]. Ripresi e fotografai l’oggetto, poi mandai il materiale agli  scienziati i quali mi risposero che sulle pellicole non si vedeva alcun oggetto ma solo  puntini bianchi. Tentai di ricontattarli per saperne di più ma fecero perdere le loro tracce, sembrano essere svaniti nel nulla>>

 

A.R.:<<Chi o cosa Le ha impedito di entrare in contatto con il professor Hynek?>>

 

F.Z.: <<Scrissi ad Hynek comunicandogli che non potevo andare negli Stati Uniti ma doveva venire lui qui. Egli allora incaricò Roberto Pinotti di prelevare l’oggetto. Quando Pinotti si presentò a me perché glielo consegnassi  rifiutai decisamente (da quanto capii fu Pinotti ad informare  Zanfretta dell’incarico ricevuto da Hynek, ma il metronotte non si fidò N.d.A.) . Nell’84 durante un meeteng ufologico  al quale presenziava Hynek, Pinotti, forse per ritorsione fece in modo che io e lo scienziato non ci parlassimo. Hynek morì due anni dopo,  così la sfera rimase a me>>

 

Inoltre l’ex metronotte affermò che negli Stati Uniti incontrò dei personaggi importanti (presenziarono anche alle sedute ipnotiche), i quali gli offrirono dei soldi in cambio dell’oggetto, ma egli rifiutò, sembra  a causa della pericolosità dell’ordigno (in quel momento ero così dubbioso su quanto mi stava dicendo che  non pensai di chiedere i motivi della pericolosità). Disse ancora che l’oggetto fu cercato con mezzi militari.            

 

L’intervista termina qui. Avevo in serbo molte altre domande, ma quando nel corso del colloquio Zanfretta mi  disse di non essere al corrente del contenuto dell’ipnosi e la sua  reticenza  su aspetti della vicenda che meritavano un approfondimento (come per esempio, gli strani fenomeni avvenuti  quando era andato  a Livorno con Boccone e soci) desistetti dal proseguire.   

La mia opinione in merito a questo  caso concorda con quella  che prevale oggi tra gli ufologi: solo una parte della vicenda raccontata da Zanfretta è reale. La parte  fasulla  riguarda  non tanto l’esistenza quanto il possesso dell’oggetto.  Zanfretta, come risulta dalle ipnosi,  vide e toccò l’oggetto all’interno dell’astronave ma non ne entrò in possesso perché lo ruppe scagliandolo contro il comandante degli alieni.

 

3. Alcune speculazioni linguistiche sulla parola “Almoc”, il nome del comandante alieno  incontrato da Zanfretta a bordo dell’UFO.

 

Non sono a conoscenza dei risultati degli studi condotti sui  nomi, la lingua e i segni (quelli sull’oggetto) usati dai rapitori di Zanfretta e, per quanto ne so, nulla è mai stato pubblicato in merito, così ho fatto  una piccola ricerca  relativa però solo ad una parola pronunciata dal metronotte sotto ipnosi. Purtroppo, per le frasi sconosciute non sono approdato a nulla. Ovviamente questa ricerca parte dal presupposto che il nome usato dall’alieno non sia fittizio  cioè che non sia stato inventato dalle entità allo scopo di fuorviare le indagini (la stessa presunzione vale anche per le frasi in lingua sconosciuta e  per i segni presenti sull’oggetto consegnato al metronotte).     

La trascrizione fonetica  del nome in esame è <<Almoc>>, così si chiamava uno degli esseri che parlò a Zanfretta, il quale sotto ipnosi lo indicò come <<il principe dei Dargos>>. Zanfretta pronunciò per la prima volta questo nome  nel corso della seduta ipnotica che si svolse il 3 Dicembre 1979 nello studio del dottor Moretti in seguito al quarto contatto con gli alieni avvenuto la notte tra il 2 e 3 Dicembre. La guardia giurata affermò che Almoc aveva un aspetto uguale a quello degli altri esseri con l’unica differenza di avere solo una punta su ciascun lato della testa. L’essere diede la sfera con la piramide a Zanfretta, ordinandogli di consegnarla al professor Hynek, di cui il rapito non aveva mai sentito parlare. Il metronotte  arrabbiatosi,  scagliò l’oggetto, danneggiandolo, contro l’alieno. 

Durante la seduta erano emersi diversi particolari inediti e sconcertanti, per esempio il metronotte parlò di uno schedario con le foto dei suoi colleghi e di molte altre persone alcune delle quali da lui non conosciute.

A proposito dell’argomento trattato in questo paragrafo ho trascritto dal libro di Rino Di Stefano la parte finale della prima seduta relativa a quell’incontro ravvicinato (la  seconda si tenne il giorno successivo): 

 

Moretti: << Ecco. Stavi dicendo che quegli esseri ti hanno detto che in quello schedario erano raccolti tutti… e poi ti sei interrotto (…) >>.

 

Zanfretta: << Tutti… tutti elementi che a loro servono… che poi, a suo tempo, adopereranno per… >>

 

Moretti : << (…) >>.

 

Zanfretta: << Adopereranno…  tutti… per gli esperimenti… perché… >>.

 

Moretti: <<Per quali esperimenti?>>.

 

Zanfretta: <<Non lo so>>.

 

Moretti: <<Non te l’hanno detto, no?>>.

 

Zanfretta: <<No, loro… quando… mi volevano dare la sfera mi dissero che volevano far conoscere la  macchina che dà  vita…>>.

 

Purtroppo  Rino di Stefano ci dice che << l’interrogativo su quelle ultime parole, sulla misteriosa “ macchina che dà vita”, rimase irrisolto >>. Stranamente questo aspetto della vicenda non fu mai approfondito da chi si occupò del “Caso Zanfretta”. In effetti  la <<macchina che dà vita>> è menzionata solo nel brano (del V capitolo) che ho trascritto. Eppure è proprio tale aspetto ad interessarci. 

La parola  <<almoc>> assomiglia alla parola latina di derivazione greca  <<almus>> in italiano <<almo>> un  aggettivo, che in greco (il corrispondente di almus in greco si scrive e si pronuncia diversamente) in latino e in italiano corrente (è riportato in qualunque vocabolario)  significa testualmente:  <<che dà vita>> o <<datore di vita>>; questo è il suo significato principale. Ne ha però altri simili e comunque tutti con una valenza positiva: che nutre, benefico, benigno, generoso, che conforta,  che ristora, fertile, immortale  .

A titolo d’esempio ho trascritto le definizioni di <<almo >> contenute in tre vocabolari della lingua italiana:

Dal “Dizionario della lingua italiana” di Giacomo Devoto e Giancarlo Orli (Le Monnier, Firenze 1978,   9ª ed. [1ª ed., Marzo 1971]): <<almo agg., lett. Che dà vita (…)|estens. Eccellente, nobile, augusto, magnifico: a. consesso di scienziati [da lat. almus ‘che nutre’, da alere ‘nutrire’]>>

Dal “Dizionario della lingua italiana”  (Garzanti Editore …): <<almo¹, agg. (lett.) 1. Che dà vita, che alimenta (…) 2. Per est., nobile, eccelso (…) Dal lat. almus, deriv. Di alere ‘nutrire’ <<almo², s.m. (ant.) animo Lat. animus; cfr. alma>>.

Dal “Vocabolario della lingua italiana”  compilato da Nicola Zingarelli (7ª edizione, interamente riveduta, 34ª stampa, Nicola Zanichelli  editore, Bologna 1953): <<almo ag.* ALMUS. Che dà e alimenta vita| Ricco, Fertile; Virtuoso, Benefico. |    v. alma.

+ alma, f* ANIMA. Anima. |v. almo. || r- o, m. ANIMUS.  Animo, anima>> 

 

Sicché “ almo”  in italiano moderno ha quale  significato principale <<Che dà vita>>. 

E’ curioso che il nome dell’essere che vuole mostrare a Zanfretta la <<macchina che dà vita>> abbia un nome foneticamente molto simile all’italiano <<almo>> il cui significato moderno è appunto <<che dà vita>>.

L’autore del libro sul “Caso Zanfretta” osserva che in quella seduta il metronotte aveva fatto delle affermazioni che sembravano non fare parte dell’esperienza del rapimento. Il gruppo che studiava il caso, temendo che il contenuto dell’ipnosi fosse stato condizionato dai discorsi che il metronotte  sentiva frequentando gli ambienti del G.R.C.U., decise di escludere Luciano Boccone (presente a quella seduta)  e il suo gruppo dalle sedute successive.

La spia che generò quel sospetto fu che durante l’ipnosi, Zanfretta fece il nome di Boccone. Il metronotte affermò che il comandante degli alieni, nel consegnarli  la sfera, gli ordinò di darla al famoso scienziato americano Joseph Allen Hynek mettendosi in contatto con esso tramite Boccone.

A mio avviso, un altro indizio che avrebbe  potuto far sospettare l’influenza esercitata da Boccone sul metronotte è l’espressione: <<macchina che dà vita>> che fa venire in mente l’“accumulatore orgonico” inventato da Wilhelm Reich, lo psicanalista austriaco i cui studi e le cui teorie stavano alla base delle ricerche del gruppo ufologico di Arenzano.  Purtroppo, se quanto detto fosse vero, manderebbe all’aria la mia ipotesi sull’identità di significato delle parole almoc – almo.

 

           

In seguito aggiungerò un quarto paragrafo relativo al misterioso oggetto che Zanfretta dice di aver ricevuto dagli alieni.                                                                                                                     

 

 

  Antonio Rubechini

 

 

© Copyright USAC 2007